A volte vorrei poter rivivere il passato, ma vorrei poterlo affrontare con la consapevolezza che ho adesso. Un ragionamento ridicolo, lo so. L’insensata e patetica logica del senno di poi.
Il fatto è che la maternità si è rivelata per me una specie di paradosso temporale: ora conosco delle cose di me stessa che prima non avrei nemmeno saputo immaginare, e sulla base delle quali vorrei poter cambiare una serie di scelte del passato. Ma è proprio il passato che ho vissuto – esattamente così com’è stato – che mi ha rivelato queste cose, e se tornassi indietro mi ritroverei di fatto a ignorarle ancora (e a prendere di conseguenza le stesse decisioni discutibili).
Non si scappa dalle scelte che ci hanno condotto dove ci troviamo oggi. Ogni passo che abbiamo compiuto, ogni bivio inforcato, ogni cambiamento di direzione che abbiamo stabilito, hanno contribuito, giorno dopo giorno, a fare della nostra vita esattamente ciò che è oggi. Nel bene e nel male. E per quanto si possa cambiare rotta fino all’ultimo istante, anche cento volte in una sola esistenza, riavvolgere il nastro, semplicemente, non è possibile.
Ma la nostra vita – e quanto è difficile per me fare pace con questa verità – dipende anche da una lunga sequenza di decisioni altrui, da incontri più o meno fortunati, da casualità ineluttabili, da esperienze che ci hanno plasmato come tronchi sferzati dal vento. Quello che siamo, dentro e fuori, non dipende soltanto dalla nostra volontà e dalle decisioni che abbiamo preso giorno dopo giorno.
Vorrei che questa certezza fosse per me una liberazione. Una iniezione di leggerezza, un’assoluzione. Perché quella che “possiamo essere tutto quello che vogliamo”, in fondo, è una balla buona per le caption di Instagram e per le frasi motivazionali dei life coach. Siamo – anche – quello che la genetica, l’ambiente, la famiglia e la sorte hanno scelto per noi (andate a dirlo a un migrante che affronta il Mediterraneo, che può essere “tutto ciò che vuole”, o a un bambino qualsiasi nato e cresciuto nella parte sfortunata del mondo).
Possiamo essere il meglio di ciò che siamo, questo sì. Il meglio di quello che ci è concesso essere sfruttando appieno le possibilità, il materiale e gli strumenti che ci sono stati affidati, le esperienze che ci sono capitate, il bagaglio metaforico che è stato affidato alle nostre spalle fin da quando eravamo ancora incapaci di controllare i nostri sfinteri. Il meglio di ciò che siamo, che cambia di continuo in base a come ci sentiamo ogni giorno, a quello che la vita ci toglie o ci regala, a come ci trattano gli altri e a quello che ci capita.
Non sarò mai una persona diversa da quella che sono, ma posso cercare di essere ogni giorno il meglio di quel che sono, come madre, come figlia, come donna. Posso cercare di essere ogni giorno la versione migliore di me stessa, che certi giorni fa schifo, e allora c’è poco da fare. Questo, alla fine, dovrebbe riuscire a bastarmi. E spero che magari, prima o poi, sentirmi la versione migliore di me stessa (anche quando questo significa fare abbastanza pena) basterà a convincermi che anche il mio passato, semplicemente, è stato il migliore dei passati possibili.
2 Commenti
Non so quale versione rivisitata, aggiornata o ristampata tu sia, ma io trovo la Donna che passa attraverso i tuoi scritti sia davvero speciale!
Grazie infinite per questo complimento così dolce.