Sono stata una bambina benestante, privilegiata rispetto a tanti miei coetanei (anche perché figlia unica e ultima nata in una famiglia molto unita). Ho avuto, credo, più della media della mia generazione. Eppure ricordo a memoria il nome di tutti i miei pupazzi e delle bambole che hanno accompagnato la mia intera infanzia. Ricordo le illustrazioni dei miei libri preferiti, ricordo l’origine di molti dei miei vecchi giocattoli (chi mi abbia regalato cosa, e in quale occasione). Il clown Cipolla, il bambolotto Luigi, il cane Fox che camminava davvero e abbaiava in un modo che allora mi sembrava davvero realistico. Il coniglio celeste arrivato da Praga quando esisteva ancora la Cecoslovacchia. Ricordo le prime volte al cinema, la prima volta all’estero, ormai adolescente. La prima volta in aereo. Ricordo le feste di compleanno della terza media, il sabato pomeriggio a ballare gli 883 in sale coi mobili ammucchiati per l’occasione lungo le pareti, oppure dentro cantine o garage addobbati con festoni sgargianti.
I miei figli, che pure mi sembrano abituati a uno stile di vita più o meno morigerato per gli standard della loro generazione – regali solo nelle ricorrenze e durante i viaggi, nessuna incursione in edicola, una sola richiesta annua a Babbo Natale, festa in ludoteca solo all’ultimo anno di materna, etc – posseggono già molti più giocattoli di quanti io ne abbia accumulato in tutta la mia vita infantile. Frequentano regolarmente musei, cinema e teatri, aspettano la loro “avventura della domenica” (una gita, un’escursione, un pic-nic, una visita guidata) come un appuntamento immancabile, hanno viaggiato più di molti adulti che conosco. E non so quanto si rendano conto di avere tantissimo.
So bene che ogni generazione tende in qualche modo a guardare con sufficienza i costumi di quelle successive, a considerare i giovani troppo viziati e “smidollati”. E confesso di essermi sentita piuttosto attempata nell’articolare questi pensieri. Però, osservando i miei figli, che pure mi sembrano mediamente consapevoli, sensibili e intelligenti, mi capita spesso di avere la sensazione che tutto per loro sia scontato, o forse addirittura dovuto. Che facciano fatica a cogliere appieno il valore delle cose e delle esperienze che vivono, non solo dal punto di vista strettamente economico, ma anche per quanto riguarda le energie e le risorse necessarie per garantire loro quella cosa o quella esperienza.
Nel tentativo di renderli individui migliori e di dare loro la felicità, non staremo forse negando ai nostri figli la capacità di desiderare, la meraviglia di vedere un desiderio che si realizza, il privilegio di ricordare? Voi cosa ne pensate?
16 Commenti
Nutro i tuoi stessi identici timori e ho ricordi della mia infanzia simili ai tuoi.
PIù che non coglierne il valore da un punto di vista economico, mi accorgo che mio figlio (i gemelli sono ancora piccoli per dirlo), sembra non apprezzare il tempo e impegno che mettiamo per offrirgli le esperienze che gli consentiamo di fare, oltre che gli oggetti che desidera (più attrezzatura sportiva che giochi, perchè lui è così).
E mi preoccupa che, un domani, possa dare tutto per scontato o non emozionarsi più per nulla, vivendo nell’insoddisfazione.
Pero’, quale modus educandi potrebbe essere migliore? Io una risposta ancora non l’ho trovata.
Nemmeno io! Forse è solo una fase inevitabile di superficialità legata alla loro inesperienza?
Anch’io ho avuto un’infanzia “dorata” come la tua. E mi ritrovo con i tuoi stessi pensieri: stiamo forse schiacciando quella sensazione pura dei bambini che è la meraviglia? Una risposta certa neanch’io ce l’ho (ah, avercele queste risposte!), ma penso che non è il dare troppo ad annullare le emozioni positive. Il nostro compito è cercare di rendere vive quelle inclinazioni naturali dei bambini che sono la curiosità, la voglia di scoprire, lo stupore: ci dobbiamo interrogare non sul numero dei viaggi, ma su come viaggiamo, non sulla quantità dei giochi che regaliamo, ma sul valore che diamo agli oggetti. Il modello, come sempre, siamo noi adulti e i bambini assorbono da noi, dal nostro “fare” ed “essere”.
Quanto hai ragione, Alessia! 🙂 Sei illuminante, come sempre!
Hai perfettamente ragione: io pure avevo notato che le mie figlie compravano continuamente piccoli giocattoli di poco valore che dimenticavano dopo pochi giorni.
Io invece ricordavo quanto noi tenevamo ai giochi: ai soldatini, ai pupazzetti, ai giornalini alcuni dei quali conservo ancora oggi.
Quello che ho cercato di fare allora è stato comprare giochi più costosi, ma che durassero: confezioni di lego da montare, il trenino componibile in legno e altri più importanti. Così questi giochi sono durati molti anni e li abbiamo via via integrati con altri pezzi: ci hanno giocato e rigiocato e così li hanno dato più valore.
Spero che questo sia stato più formativo per il rapporto che avranno con le cose: meno consumistico e più consapevole
Mi sembra un’osservazione molto importante! Ne parlavamo proprio qualche giorno fa con mio marito: meglio poche cose, ma di qualità e durevoli, che tante piccole sciocchezze di poco valore (da tutti i punti di vista!). Se ci pensi, è anche un approccio molto ecologico!
Ci sarà sempre qualcosa da desiderare nella vita! O almeno è quello che spero…
Comunque quando ho visto che stavano iniziando a dare per scontato tutte le cose belle che facevamo in viaggio, ho iniziato a fargli dire ogni giorno quello che gli era piaciuto e quello che invece non gli era piaciuto (e poi ci ho fatto pure un blog!!!). Devo dire che un po’ ha funzionato e si è riaccesa la miccia…però per loro è normale (e scontato) viaggiare in giro per il mondo, ma non posso pretendere altrimenti visto che se c’è una cosa di cui non ci priviamo sono proprio i viaggi!
Per i giochi invece non ho problemi, noi non regaliamo quasi niente, per i compleanni facciamo viaggi, solo a Natale si ritrovano un sacco di pacchi e la magia nei loro occhi quando scrivono la letterina è impagabile!
Sì, è una magia meravigliosa! <3
Credo che il problema si ponga nel momento in cui ti accorgi che i bambini sono “viziati” cioè, secondo me, arroganti, prepotenti verso gli altri, superficiali. E questo non credo dipenda da quanti giocattoli uno ha ma da quali insegnamenti riceve (in primis l’esempio diretto dei suoi genitori, figure di riferimento dell infanzia). Credo sia assolutamente giusto far capire che viviamo in un mondo profondamente ingiusto dove ci sono bimbi che non posseggono nulla, nemmeno la loro propria vita. Ma questo non deve passare come messaggio “moralistico” (il classico:”tu non mangi e ci sono bimbi che muoiono di fame”).questo a mio avviso può solo scatenare degli inutili e dolorosi sensi di colpa.
Ottima riflessione, concordo su tutto! Grazie. 🙂
Hola. Escribo para agradecer este texto y pedir permiso para tomarlo en plural y compartir la emoción con mi marido, padre de nuestros hijos y compañero de la vida. Ambos vivimos el proceso del tiempo que pasa con nuestros hijos en diferentes procesos pero con la misma intensidad y nos identificamos mucho con vuestro maravilloso escrito. Gracias gracias gracias.
El tiempo, poco a poco, nos liberará de la extenuante fatiga de tener hijos pequeños.
De las noches sin dormir y de los días sin reposo.
De las manos gorditas que sin parar nos agarran, nos escalan por la espalda, nos cogen, nos rebuscan sin restricciones ni vacilaciones. Del peso que llena nuestros brazos y dobla nuestra espalda.
De las voces que nos llaman y no permiten retrasos, esperas, ni vacilaciones.
El tiempo nos devolverá el ocio vacío de los domingos y las llamadas sin interrupciones, el privilegio y el miedo a la soledad…
Aligerará, tal vez, el peso de la responsabilidad que a veces nos oprime el diafragma.
El tiempo, sin embargo, inexorablemente enfriará otra vez nuestra cama, que ahora está cálida de cuerpos pequeños y respiros rápidos. Vaciará los ojos de nuestros hijos, que ahora desbordan de un amor poderoso e incontenible.
Quitará desde sus labios nuestro nombre gritado y cantado, llorado y pronunciado cien mil veces al día.
Cancelará, poco a poco o de repente, la familiaridad de su piel con la nuestra, la confianza absoluta que nos hace un cuerpo único, con el mismo olor, acostumbrados a mezclar nuestros estados de ánimo, el espacio, el aire que respiramos.
Llegarán a separarnos para siempre el pudor, la vergüenza y el prejuicio. La conciencia adulta de nuestras diferencias.
Como un río que excava su cauce, el tiempo peligrará la confianza que sus ojos tienen ante nosotros, como ser omnipotentes. Capaces de parar el viento y calmar el mar. Arreglar lo inarreglable y sanar lo insanable.
Dejarán de pedirnos ayuda, porque ya no creerán que podamos en ningún caso salvarlos.
Pararán de imitarnos, porque no querrán parecerse demasiado a nosotros. Dejarán de preferir nuestra compañía respecto a la de los demás (y ojo, esto tiene que suceder!)
Se difuminarán las pasiones, las rabietas y los celos, el amor y el miedo. Se apagarán los ecos de las risas y de las canciones, las nanas y los Había una vez… acabarán de resonar en la oscuridad.
Con el pasar del tiempo, nuestros hijos descubrirán que tenemos muchos defectos y, si tenemos suerte, nos perdonarán alguno.
Sabio y cínico, el tiempo traerá consigo el olvido.
Olvidarán, aún si nosotros no olvidamos. Las cosquillas y los “corre corre”, los besos en los párpados y los llantos que de repente paran con un abrazo. Los viajes y los juegos, las caminatas y la fiebre alta. Los bailes, las tartas, las caricias mientras nos dormimos despacio.
Nuestros hijos olvidarán que les hemos amamantado, mecidos durante horas, llevado en brazos y de la mano. Que les hemos dado de comer y consolado, levantado después de cien caídas. Olvidarán que han dormido sobre nuestro pecho de día y de noche, que hubo un tiempo en que lo han necesitado tanto, como el aire que respiran.
Olvidarán, porque esto es lo que hacen los hijos, porque esto es lo que el tiempo elige.
Y nosotros, nosotros tendremos que aprender a recordarlo todo también para ellos, con ternura y sin arrepentimiento, ¡gratuitamente! y que el tiempo, astuto e indiferente, sea amable con estos padres que no quieren olvidar.
Agradeciendo y pidiendo permiso para pluralizar.
El tiempo, poco a poco, nos liberará de la extenuante fatiga de tener hijos pequeños.
De las noches sin dormir y de los días sin reposo.
De las manos gorditas que sin parar nos agarran, nos escalan por la espalda, nos cogen, nos rebuscan sin restricciones ni vacilaciones. Del peso que llena nuestros brazos y dobla nuestra espalda.
De las voces que nos llaman y no permiten retrasos, esperas, ni vacilaciones.
El tiempo nos devolverá el ocio vacío de los domingos y las llamadas sin interrupciones, el privilegio y el miedo a la soledad…
Aligerará, tal vez, el peso de la responsabilidad que a veces nos oprime el diafragma.
El tiempo, sin embargo, inexorablemente enfriará otra vez nuestra cama, que ahora está cálida de cuerpos pequeños y respiros rápidos. Vaciará los ojos de nuestros hijos, que ahora desbordan de un amor poderoso e incontenible.
Quitará desde sus labios nuestro nombre gritado y cantado, llorado y pronunciado cien mil veces al día.
Cancelará, poco a poco o de repente, la familiaridad de su piel con la nuestra, la confianza absoluta que nos hace un cuerpo único, con el mismo olor, acostumbrados a mezclar nuestros estados de ánimo, el espacio, el aire que respiramos.
Llegarán a separarnos para siempre el pudor, la vergüenza y el prejuicio. La conciencia adulta de nuestras diferencias.
Como un río que excava su cauce, el tiempo peligrará la confianza que sus ojos tienen ante nosotros, como ser omnipotentes. Capaces de parar el viento y calmar el mar. Arreglar lo inarreglable y sanar lo insanable.
Dejarán de pedirnos ayuda, porque ya no creerán que podamos en ningún caso salvarlos.
Pararán de imitarnos, porque no querrán parecerse demasiado a nosotros. Dejarán de preferir nuestra compañía respecto a la de los demás (y ojo, esto tiene que suceder!)
Se difuminarán las pasiones, las rabietas y los celos, el amor y el miedo. Se apagarán los ecos de las risas y de las canciones, las nanas y los Había una vez… acabarán de resonar en la oscuridad.
Con el pasar del tiempo, nuestros hijos descubrirán que tenemos muchos defectos y, si tenemos suerte, nos perdonarán alguno.
Sabio y cínico, el tiempo traerá consigo el olvido.
Olvidarán, aún si nosotros no olvidamos. Las cosquillas y los “corre corre”, los besos en los párpados y los llantos que de repente paran con un abrazo. Los viajes y los juegos, las caminatas y la fiebre alta. Los bailes, las tartas, las caricias mientras nos dormimos despacio.
Nuestros hijos olvidarán que les hemos amamantado, mecidos durante horas, llevado en brazos y de la mano. Que les hemos dado de comer y consolado, levantado después de cien caídas. Olvidarán que han dormido sobre nuestro pecho de día y de noche, que hubo un tiempo en que lo han necesitado tanto, como el aire que respiran.
Olvidarán, porque esto es lo que hacen los hijos, porque esto es lo que el tiempo elige.
Y nosotros, nosotros tendremos que aprender a recordarlo todo también para ellos, con ternura y sin arrepentimiento, ¡gratuitamente! y que el tiempo, astuto e indiferente, sea amable con estos padres que no quieren olvidar.
Secondo me semplicemente i bambini sono troppo piccoli per rendersi conto di quello che gli offriamo che siano 5 viaggi l anno o 2 ,ognuno ha la sua di dimensione, scopriremo i valori che gli abbiamo trasmesso e li vedremo solo molto più avanti quando saranno cresciuti ormai e non potremo fare più molto .
Logico che se offriamo tanti viaggi sarà scontato per lori viaggiare e non si renderanno conto che è un sacrificio riuscire a farlo perché semplicemente non lo vivono il sacrificio tutto qui
concordo, ma non ho una risposta/soluzione.
Alla fine è segno che abbiamo troppo, forse anche noi.
Sicuramente!
Ciao..mi ricordo da bambina pochi giochi perchè non molto fortunata..ma per nulla triste anzi..io i giocsttoli me li creavo da sola ritagliando le figure sui giornali oppure disegnando sui fogli di carta bambini e bambini e poi tanti abiti da colorare e ritagliare per vestire le figure. Sono cresciuta sana di principi..ho un lavoro fantastico dove aiuto le persone che stanno male..e ho insegnato ai miei figli che ogni cosa deve essere guadagnata per essere spprezzata di più..ora ho 48 anni e sono in attesa del mio 3 figlio..sperando di insegnare anche a lui o lei..il rispetto del poco che gratifica l’anima.