Alle donne italiane non servono bonus “per restare a casa a badare ai bambini”. Non servono stipendi per fare quello che non è un lavoro, non servono incentivi a smettere di lavorare a tempo indeterminato. Non servono nonni disposti a sostituirsi ai genitori. Non servono paghette con cui andare a comprarsi le calze mentre il marito lavora e guadagna da qualche parte.
Alle donne italiane, perché possano scegliere, se lo desiderano, di diventare madri, servono permessi retribuiti, flessibilità e telelavoro. Serve, ogni volta che è possibile, la facoltà di lavorare per obiettivi, di essere retribuite per gli standard che raggiungono piuttosto che per le ore di presenza in ufficio. Alle donne italiane servono stipendi adeguati, proporzionati alle responsabilità e, soprattutto, uguali a quelli dei colleghi maschi di pari mansione. Alle donne italiane (e non solo a loro) servono sgravi e incentivi per fare impresa, per diventare lavoratrici autonome, per produrre e creare quello che sono in grado di produrre e creare.
Alle donne italiane che vogliono diventare madri, soprattutto, servono uomini che possano fare i padri. Serve un congedo di paternità che duri mesi e che sia obbligatorio. Servono, anche per i padri, flessibilità e telelavoro ogni volta che sia possibile. Servono orari di lavoro umani, ritmi di vita più sostenibili, trasporti pubblici efficienti e accessibili, che riducano drasticamente i tempi di trasferimento da casa al lavoro. E questo, per inciso, vale anche per chi non ha alcuna voglia di fare dei figli.
Alle donne e agli uomini italiani che desiderano avere un bambino servono scuole. Che siano efficienti, versatili, che siano detraibili dalle tasse o che abbiano rette affrontabili.
Alle donne italiane che desiderano diventare madri non occorrono campagne di sensibilizzazione e allarmi sulla denatalità. Non occorrono leggi che scoraggino il divorzio o che lo rendano economicamente insostenibile. Non occorrono politiche anacronistiche che le pretendono chiuse in casa a cucinare e pulire. Tutt’altro. Alle donne italiane occorre la concreta possibilità di scegliere. La consapevolezza che avere un figlio non le escluderà dal mondo del lavoro, non le penalizzerà, non le costringerà a ridimensionarsi, a guadagnare meno, a rinunciare addirittura. A fronteggiare da sole la sfida perché tanto i loro compagni “devono lavorare” e al massimo “ci sono i nonni” o le baby sitter pagate a peso d’oro. Alle donne italiane, e agli uomini che vogliono fare dei figli insieme a loro, servono strumenti per riuscire a realizzarsi come lavoratrici e lavoratori senza dover abdicare al ruolo di genitori, senza dover delegare gli altri completamente o quasi, gratis o a pagamento. E viceversa.
10 Commenti
A me questo bonus per licenziarsi entro l’anno di vita del bambino e ottenere comunque la disoccupazione sa tanto di 1700…. che tristezza.
Concordo…
Grande! Lo devi mandare a qualche giornale questo tuo post! Merita di essere letto da chi ci governa.
Sono assolutamente d’accordo!! Dovresti scriverlo così al governo, ai sindaci, all’unione industriale.
È quello che ci serve.
Buon Weekend Joanna
Ascolterebbero? 🙁
Quoto al 100%. Perche’ è così difficile da capire?
Giustissimo! Se mi posso permettere, riguarda tutte le donne, madri e genitori del mondo. Sono una mamma Francese che ha fatto figli in Italia ed ho bisogno di un riscontro positivo e benevolente alla mia maternità e femminilità, di conoscerla con il padre dei miei figli e con il mondo. Senza dovermi giustificare e scusare di voler accedere al migliore equilibrio per tra maternità, vita professionale e personale.
Hai ragione, il termine “italiano” è da intendersi con “che vivono in Italia”. In bocca al lupo per tutto!
E non parliamo dell’estate… dove devo lasciare tutto lo stipendio ai centri estivi e ad agosto fare i salti mortali. Perchè non tengono le scuole aperte con gli insegnanti, che alla faccia nostra sono in ferie 2 mesi a stipendio pieno ? Non dico a fare lezione ma come centro estivo.
[…] che per la maggioranza delle donne italiane, soprattutto in determinati contesti territoriali, la conciliazione tra famiglia e lavoro è ancora una pallida chimera, un problema spesso senza soluzione, una vera e propria emergenza. E […]