Ieri pomeriggio camminavo brevemente sotto casa, sola e a buona andatura. Guardavo in basso, un’abitudine che mantengo dall’infanzia, per quello che posso ricordare. A un certo punto ho arrestato il mio cammino e sono tornata sui miei passi per raccogliere una molletta da bucato abbandonata sul marciapiedi. Evidentemente precipitata da un balcone, era un po’ malconcia ma ancora salvabile, pulita nonostante la tempesta di vento dei giorni scorsi. Una molletta bianca. L’ho recuperata e l’ho portata a casa, riponendola nel cestino di plastica appeso alla ringhiera della cameretta. L’ho fatto per un moto incontenibile di senso pratico: le mollette in casa nostra servono sempre: ne perdo a dozzine, quando stendo il bucato. Ogni volta mi accorgo che stanno per sfuggirmi giusto un attimo prima che le mie dita perdano la presa, ma non riesco mai a salvarle, e le osservo precipitare con un pizzico di sgomento, finché non si schiantano al suolo contro l’asfalto malridotto del viale sotto il mio balcone.
Così, quando ne trovo in giro, le prendo e me le metto in tasca, per rimpinguare almeno in parte il nostro parco mollette domestico, e anche per eliminare un rifiuto dalla strada. Ma ieri sono tornata indietro a raccogliere quella molletta bianca anche per un’altra ragione, del tutto irrazionale e forse anche un poco puerile. Mi ha fatto pena, perduta e abbandonata, un pochino malridotta eppure ancora salvabile. Mi sono sentita come quando ero piccola, e riconoscevo ai giocattoli, ma anche a tanti oggetti di uso comune, una dignitià al limite dell’umano. Ho adottato la molletta randagia e le ho dato una casa nuova. Un senso, una famiglia.
Forse è che ogni tanto, da un arco temporale che ormai dovrei smettere di definire “da un po’ di tempo”, mi capita di sentirmi come mi è parso che si dovesse sentire quella molletta perduta ieri pomeriggio. E vorrei che qualcuno fosse disposto a tornare suo suoi passi per raccattarmi dalla strada e portarmi altrove. Che mi dicesse, anche senza parlare, che in fondo posso ancora funzionare. Che mi piazzasse in un cestino di plastica pieno di altre mollette esattamente uguali a me. Molletta tra le mollette, che condivono la funzione e un destino incerto e a tratti avventuroso.
Magari è solo che devo smettere di guardare in basso quando cammino. Oppure comprarmi un’asciugatrice.
6 Commenti
sono sicura che l’ asciugatrice non la compreresti mai 😉
ma potresti ogni tanto guardare il cielo e sentirti meno sola, siamo tante le mollette intorno a te
Con affetto
Magari invece di guardare in basso mentre cammini potresti guardare intorno, magari troveresti qualche sorriso amico 🙂
Un periodo no?😕
In un certo senso… Ma combatto!
Brava cara combatti x te stessa , per i tuoi cuccioli, il tuo matrimonio , per il lavoro perché tanto noi donne ce la facciamo sempre!
Brava cara combatti x te stessa , per i tuoi cuccioli, il tuo matrimonio , per il lavoro per qualunque cosa combatti fallo perché tanto noi donne ce la facciamo sempre! E chi non combatte si è gia arreso…