O sei bella (e stupida), o sei intelligente (e racchia).
O sei una principessa, o sei un maschiaccio.
O ti piace giocare con le bambole, o con i castelli e i cavalieri.
O fai la madre o ti dedichi al lavoro.
Se non ti trucchi mai sei sciatta, se lo fai sempre sei frivola. Se sei un tipo riservato, allora sei frigida, se sei estroversa e brillante, allora sei una facile.
Se hai successo e sei bella, inevitabilmente lo hai raggiunto concedendo favori sessuali ai quattro venti. Se hai successo e sei brutta, meriti battute volgari e sessiste sul tuo aspetto fisico.
Sembra che le donne, fin da quando sono bambine, debbano essere etichettate in un modo o nell’altro. E che debbano scegliere se avere cervello o avvenenza, se valorizzare il proprio aspetto fisico o le proprie capacità, il talento, le attitudini.
Come se non fosse possibile essere l’una e l’altra cosa insieme. Come se tutte noi, ciascuna nel proprio modo unico e complesso, non fosse, in ogni momento, l’una e l’altra cosa insieme.
Come se per vedere riconosciuto il nostro valore dovessimo rinunciare alla nostra femminilità, a curare il nostro corpo, a sentirci carine. Giustificarci se non siamo brutte o trascurate. Cercare di somigliare ai maschi perché il mondo ci attribuisca quei meriti che abbiamo, ma che di norma vengono riconosciuti soltanto ai maschi.
Detesto che alle bambine si ripeta solo quanto sono “belle” ed eleganti. Che si facciano esclusivamente commenti sulle loro scarpe nuove o sulla foggia della loro acconciatura. Che vengano incoraggiate sempre e soltanto a pettinarsi, truccarsi e guardarsi allo specchio. Le bambine meritano che si ricordi loro anche quanto sono brave e intelligenti. Quanto sono forti e coraggiose. Quanto è importante che, anche attraverso il gioco, coltivino fin da subito le proprie passioni e scoprano quali sono le loro attitudini.
Ma questo non vuol dire trattenersi dal dire loro che sono carine. Né impedire loro di vestirsi “da femmina” o truccarsi, se lo desiderano. Due cose, a mio parere, contano davvero: la comodità dell’abbigliamento – una gonna di tulle per una gita al parco magari non è molto pratica – e la sicurezza dei cosmetici. Il resto è dietrologia.
La mia speranza è che mia figlia e le sue coetanee non debbano mai trovarsi a scegliere se essere “belle o intelligenti”. Perché possono essere alla perfezione entrambe le cose. Anzi, perché tutte loro lo sono già.