C’è stato un tempo, neanche tanto lontano, in cui cambiare e vestire mio figlio neonato al mattino, prepararmi a mia volta, allattarlo, fare colazione e organizzarmi per uscire con lui era semplicemente un’impresa. Lo facevo, l’ho sempre fatto. Ma la fatica che richiedeva – la fatica mentale, soprattutto – me la ricordo ancora. Quando riuscivo ad essere in giro a un orario decente mi sentivo invincibile. Concludere una spesa senza difficoltà mi sembrava qualcosa di cui andare fiera. E lo era, tutto sommato: un passo in più verso la ritrovata autonomia.
La prima volta che ho fatto la doccia mentre ero da sola in casa con mio figlio, l’ho messo a dormire nella carrozzina, nel vano della porta del bagno. Lui aveva pochi giorni e ovviamente non sarebbe mai stato in grado di spostarsi da solo, ma tenerlo “a portata di mano” mi dava sicurezza. Rammento la soddisfazione di essere uscita dal bagno mentre lui ancora dormiva, come se avessi imparato di nuovo a lavarmi da sola. Una stupida doccia, che per me era un altro passo verso la ritrovata normalità.
E mi ricordo bene anche la prima giornata al mare insieme al mio primogenito, che allora aveva pochi mesi. Se la ricorda suo padre, e nessuno dei due ne custodisce un ricordo troppo piacevole. Tutto sembrava complicato. Tutto era complicato. Perché ogni cosa era nuova, per noi. Dovevamo barcamenarci tra gesti che ancora non ci venivano spontanei, tenere a mente dettagli che non avevano fatto in tempo a diventare familiari.
Quando è nata Flavia sapevo benissimo come allattare o cambiare un pannolino. E finanche farle il primo bagnetto da sola, in una qualsiasi mattina d’autunno, mi sembrò una cosa del tutto naturale. Però ho dovuto imparare da zero tante altre cose. Andare a passeggio con due bambini piccoli, uscire in macchina sola con loro. Addormentarli in contemporanea. Portarli dal pediatra o dal parrucchiere.
Ogni passo è stata una piccola sfida. Un’esperienza nuova, un gradino da salire sulla scala verso il recupero totale della mia indipendenza. Che quando sono diventata mamma mi sembrava perduta per sempre. Perché è questo, quello che accade: tuo figlio dipende totalmente da te, e tu senti in qualche modo di aver perso a tua volta la tua autonomia di individuo. Proprio quando la vita sancisce che è il momento di occuparti di un essere umano totalmente inerme, ti senti incapace di badare persino a te stessa. Quasi piccola come il bambino che ti hanno messo tra le braccia, che in fondo si limita a guardarti e piangere, ma a te sembra che sia venuto al mondo per complicare la semplicità delle tue giornate.
Gesti banali diventano impossibili. Le vecchie abitudini sembrano destinate ad andare in pensione per sempre. Tutto è da imparare dal principio.
Eppure succede. Che alla fine andare in giro con tuo figlio al seguito diventa una cosa normale. Che fargli il bagno e metterlo a letto la sera diventa un gesto abituale e quotidiano, da compiere in automatico, senza più impaccio o tensione. Che uscire a mangiare un gelato con entrambi i tuoi figli smette di essere una missione da compiere, ma una cosa semplice, che fai con piacere. Succede che la tua vita insieme ai tuoi figli diventa normale. Anche se le sfide non finiscono mai. Anche se le prime volte non finiscono mai. Anche se ti resta ogni giorno qualcosa da imparare ancora.
Succede, a tutti. Ed è forse l’unica cosa che dovremmo dire a un genitore novello, dopo avergli dato una mano.
7 Commenti
le sensazioni che le tue parole mi suscitano, dolcezza nostalgia… non rimpianto, consapevolezza, mi rendono anche gli occhi lucidi. grazie
e poi succede che restano a casa di un amichetto e hai all’improvviso 2 ore libere e te le rigiri fra le mani chiedendoti cosa farne, o succede che una sera sono con amici e tu hai due ore di tempo per una pizza con il marito. e iniziano a essere grandini e un’ora a casa da soli restano e tu la spesa la fai in tranquillità. succede. e non ti sembra vero
E poi succede che tornare a fare l’inserimento all’asilo con il secondo nato quasi 6 anni dopo la prima sembri una cosa strana da fare…perche’ in qualche modo mi sembra quasi strano che lui sia tanto piu’ piccolo di sua sorella…perche’ giocano insieme e facciamo tante cose insieme…. lui non ci ha avuto tutti per se’ e forse per me e’ piu’ grande di quello che e’…a volte mi chiedo se avessi studiato prima, se mi fossi laureata in parenting (giusto per dirlo in inglese che fa piu’ figo) mi sentirei forse meno impreparata? Sembra anche a me una continua sfilza di prime volte…anche ora…. e (temo) ce ne saranno ancora tante altre!
Grazie, ogni tanto fa bene sentirselo dire!
Silvia, mamma di Giada, 5 mesi.
ogni volta che leggo i tuoi post, mi ricordo perchè non voglio figli se non quelli che ho in prestito nella scuola in cui insegno! non potrei sopravvivere! un abbraccio.
Dopo una giornata passata a fare i turisti nella propria città con amici “di fuori” e tua figlia di 2 anni che è salita e scesa dal paggino (come lo chiama lei) un migliaio di volte e che salta a piè pari il riposino pomeridiano sul quale confidavamo tanto per riprendere un po’ di fiato e finire con l’addormentarsi a 2 minuti dal ritorno in macchina per tornare a casa….. era proprio quello di cui avevo bisogno…. parole di conforto…. grazie
Grazie… Isa mamma di Maggie 7 mesi