“Voglio una sedia di mattoni”.
Così dice Flavia, quando vuole sedersi su qualcosa di stabile e sicuro. Una sedia che non ti sfugga dalle natiche all’improvviso. Che non si metta a girare o dondolare a tradimento. Che non ti lasci col sedere per terra quando meno te lo aspetti.
“Non tirare così la tua maglia, la strapperai”. La ha detto suo padre questa mattina. “Papà, non si rompe, è di mattoni!”, ha risposto lei col suo piglio deciso.
I mattoni sono il metro che usa per misurare la solidità. Il paradigma della forza, la quintessenza dell’affidabilità. Rappresentano il baluardo invalicabile dal soffio più poderoso del più affamato dei lupi cattivi. Se una cosa è fatta di mattoni, niente riuscirà mai a distruggerla.
A volte mi fa pensare alle madri di famiglia che sotto una mattonella sconnessa, oppure nell’anima scheggiata di un mattone forato, nascondevano gli avanzi del salario mensile, la cresta che ogni giorno riuscivano a fare alla spesa per mettere via una dote appena migliore per le figlie ancora da sistemare. Mattoni che custodivano un amore semplice, fatto di gesti quotidiani che si chiamavano sacrifici, ma che erano, in fondo, solo la vita che scorreva, necessaria e senza fine.
Mia figlia ha ragione, dopotutto. I mattoni sono davvero l’unità fondamentale di ogni costruzione. L’elemento essenziale, nella loro semplicità – nella loro miseria, oserei dire – dei palazzi più arditi, dei progetti più ambiziosi. Il punto di partenza di qualsiasi opera umana. Funzionano solo se sono insieme, e se sono disposti con sapienza.
Mi piace pensare che il mio amore per Flavia e quello per suo fratello sia come un muro fatto di mattoni. Impastato nell’argilla delle cose semplici, edificato ogni giorno, un pezzo alla volta, sudando o tremando d’estate e in inverno. Tenuto assieme dalla malta indistruttibile del quotidiano, dei ricordi condivisi, della strada percorsa fianco a fianco, mano della mano. Un muro che innalziamo lentamente, con molta fatica, insieme. Col tempo, ci cresceranno sopra l’edera e i denti di leone. L’acqua scaverà qualche fenditura, il sole gli darà quel colore di terra cotta e calda. Il gelo, nelle notti peggiori, aprirà qualche crepa qua e là. Ma non poseremo mai l’ultima pietra. Perché ogni giorno, e ogni ora, aggiungerà un altro mattone alla nostra muraglia infinita, che per noi sarà casa e bastione. Granaio e tempio. Che per noi sarà la strada.
E che il lupo cattivo soffi pure quanto vuole. Il nostro amore di mattoni è nato per non crollare mai.