Tra le innumerevoli – e per lo più irrisolte – domande che mi sono fatta prima di pensare ad un secondo figlio, ce n’è una che tradisce le mie ansie e le attitudini green. Visto che siamo così tanti al mondo (e questo è tanto più vero per noi italiani e ancora di più per gli abitanti delle mie zone), è giusto gravare ulteriormente sul pianeta? Non sarebbe più ragionevole limitare l’incremento demografico, eventualmente realizzando il proprio desiderio di maternità (e paternità) percorrendo strade che non prevedano, per giunta una seconda volta, un pancione e un neonato?
Il mio ventre arrotondato rappresenta la prova eloquente della risposta che mi sono data questa volta come la precedente, ma non posso comunque chiedermi quanto possa alla fine “impattare” un secondogenito sullo stile di vita familiare.
Di sicuro i figli cadetti sono dei campioni di “riciclo”. Specie quando, come nel nostro caso, c’è poca differenza di età con il primogenito, si possono riutilizzare moltissimi oggetti, allungandone il ciclo di vita. Vale per gli indumenti e per la biancheria, ma anche per marsupi, passeggini, culle, seggioloni e quant’altro. L’equipaggiamento da bebè può essere quasi integralmente recuperato per il secondo figlio, con evidente sollievo per le finanze di famiglia e per l’ambiente.
D’altro canto, però, la consapevolezza della fatica che ci attende e della carenza di tempo che dovremo affrontare dopo il nuovo arrivo può far sentire, forte, la tentazione di “cedere” su alcuni punti. Di derogare in qualche caso – magari per un tempo limitato – ai nostri principi ecologisti. O almeno, questo è quello che è capitato a me, che nonostante mi proclami “green”, sono ancora in cammino sulla strada della sostenibilità.
Concretamente, ho già deciso che, nei primi mesi di vita del mio secondogenito, chiuderò un occhio su alcune questioni cui di solito faccio molta attenzione. Prevedo ad esempio di sospendere per qualche tempo l’uso, pur soddisfacente, dei pannolini lavabili, di abbandonare i soliti tovaglioli di stoffa per passare a quelli, più pratici ma più inquinanti, di carta; di concedermi addirittura, specie nelle primissime settimane dopo il parto, qualche stoviglia usa e getta compostabile, qualche piatto pronto e qualche vaschetta di alluminio da estrarre rapidamente dal congelatore.
Compromessi. Di cui so già che ogni tanto mi sentirò in colpa, ma che l’esperienza di madre mi suggerisce di concedermi. Perché la perfezione non è roba per genitori, o almeno non è roba per me.
7 Commenti
Beh… la sopravvivenza prima di tutto! io chiudo un occhio ogni tanto pure adesso. Odio le stoviglie use e getta ma ho rinunciato ai tovaglioli da un po’, per dire. So che è sbagliato ma purtroppo qualche compromesso ci sta!
Io non mi faccio tanto il problema della crescita demografica in quanto appartenente ad una zona geografica a crescita zero. Tra me e mio marito siamo 5 figli (inclusi i fratelli!) e all’attivo ci sono un bambino e mezzo, per cui…
Invece io vivo in un territorio con molti problemi, tanti dei quali – almeno a parer mio – sono causati dalla sovrappopolazione. Non nego di pensarci spesso. Ed è anche per questo che non penso assolutamente di allargare ulteriormente la famiglia.
io al terzo non ci penso (anche se ad esser sincera mi piacerebbe) per motivi organizzativi- economici e il forte rischio di esaurimento mio!
Una cosa che incide moltissimo sulla sostenibilità ambientale è fare svezzamento medico, ovvero con baby food: autosvezzamento è una scelta eco sostenibile. Non hai vasetti inutili in più, imballi di carta e plastica senza senso, non movimenti il trasporto su gomma e cicli produttivi.
Pensaci, già te lo avevo detto che trovatrovavo un controsenso che tu usassi baby food avendo spirito ambientale 🙂
Leggi, anche se ti sembra presto, io mi svezzo da solo del dottor Piermarini e vai sul sito http://www.autosvezzamento.it
Ciao Frafru! Io con Davide non ho usato baby food industriale (se è questo che intendi), se non in situazioni particolari tipo brevi viaggi all’estero (quando gli ho proposto prodotti bio e senza additivi, comunque). Ho preparato da sempre le sue pappe in casa, cucinando io e frullando, utilizzando e riutilizzando vasetti di vetro che ho poi conservato anche per il secondogenito (non mi faccio problemi a conservare gli alimenti nel congelatore, per quanto so che molti non lo consiglino). Non escludo di pensare all’autosvezzamento con il secondogenito, ma onestamente mi sono trovata benissimo con questo sistema. L’introduzione di tutti gli alimenti è durata non più di due o tre mesi, Davide ha mangiato pappe frullate (ma preparate in casa con gli stessi alimenti che consumiamo anche noi) per qualche mese, ma da quando ne ha 12, nonostante fosse praticamente sdentato – primi incisivi all’alba del primo compleanno – mangia cose “da grandi” a pezzetti. Da mesi ormai si alimenta con le stesse cose di mamma e papà, mangia qualsiasi cosa gli si proponga (anche all’estero!) con gusto e appetito. Tranne crostacei (abbiamo casi di grave allergia in famiglia), funghi e schifezze confezionate, la sua dieta comprende qualsiasi cosa. E non abbiamo riempito le campane del vetro di vasetti microscopici!! Ora come ora penso di organizzarmi in modo analogo con il nascituro, ma di certo approfondirò la questione autosvezzamento. Grazie del consiglio 😉
Chiedo scusa, ricordaricordavo avessi usato baby food!
beh, ti garantisco che i denti con la masticazione non c’entrano nulla, non a caso i molari, che servono a masticare, spuntano intorno ai due anni 🙂
Ti consiglio davvero autosvezzamento, è un’educazione alimentare e culturale non solo al mangiare e all’importanza del cibo ma anche alla condivisione del momento, delle cose, e all’ascolto del proprio corpo 🙂
Pensa che mio figlio sta mettendo i premolari ma non ha ancora i canini 😉 Comunque spero tanto di avere un altro mangione come il primogenito. È un piacere stare a tavola con lui, immagino che crescendo sarà la classica persona da invitare fuori a cena! 🙂