Diciamo che non l’ho mai chiamata sorella, però non mi faceva neanche tantissima paura. Semplicemente, per 33 anni ho vissuto senza quasi pensare alla prospettiva della mia dipartita. E se anche mi capitava di rifletterci, mi sembrava un’eventualità tutto sommato molto remota, o comunque non meritevole di particolare apprensione da parte mia. Un evento naturale e ineluttabile, per quanto senza dubbio straniante.
[La fine altrui, invece, quella sì che mi ha sempre terrorizzato. Eppure, ho fatto conoscenza con la nera signora quando ero ancora molto giovane, e nel modo peggiore che esista. Negli anni l’ho guardata con orrore corteggiare troppe delle persone che amo. Qualcuna l’ha risparmiata, altri li ha portati via senza pietà (in un caso davanti ai miei occhi), ma ci sono cose alle quali non ci si abitua mai. [ Questo, comunque, è un altro post.]
Ciò che invece penso in questo venerdì un po’ funereo è che, da quando sono madre, la prospettiva di morire ha assunto un colore inedito. Non tanto per quello che perderei io (in fondo, sarei appunto defunta, e a prescindere dall’effettiva esistenza di un qualche Aldilà, non avrei modo di “soffrire” per quello che avrei perso, come diceva Epicuro molto meglio e molto prima di me). Ma per quello che perderebbe mio figlio.
Non che mi aspetti di sopravvivergli, ovviamente (inorridisco al solo pensiero), ma l’idea di lasciarlo senza madre mentre è piccolo o molto giovane mi dà i brividi. Se i sensi di colpa dovessero sopravvivere alla nostra dipartita, credo che non potrei mai perdonarmi di schiattare anzitempo.
Questa inattesa consapevolezza non ha cambiato il mio modus vivendi. Non è, per dire, che la strizza mi impedisca di bere qualche birra o di mangiare qualche porcheria di troppo. Né ho intenzione di entrare nel tunnel ipocondriaco della medicina preventiva ad ampio spettro.
Diciamo che ci penso, e mi limito a sperare che la mia istanza arrivi chiara e perentoria presso le Alte Sfere: non è che io non voglia morire. È che ora proprio non posso farlo.
9 Commenti
come hai ragione. Ci penso spesso anche io. Io veramente faccio anche di peggio, penso a come sarebbe la mia vita senza di lei, invece di vedere solo le cose belle. Ma anche se penso a me che potrei andarmene mi terrorizza l’idea di abbandonarla senza darle spiegazioni che possano aiutarla a sopravvivere…
Qua tocca darsi da fare per vivere almeno fino a 95 anni!
Come al solito sottoscrivo tutto. E come scrive Serena, anche a me capita di pensare a come si potrebbe mai sopravvivere ad un figlio.
Ecco, io a questa cosa qua non riesco neanche a pensarci.
Giusto! 🙂 buona Pasqua
quoto lucrezia e serena…capita spesso anche a me di pensare a come sarebbe sopravvivere senza mia figlia…poi la guardo…mi sorride e penso fermamente che non sarebbe possibile…
Io ho perso la mia mamma quando avevo 12 anni, non si può nemmeno cominciare a descrivere quello che provo ancora, a volte penso che mi abbia condizionato molto nelle scelte che faccio ancora oggi.
Mark
Ma come mai questi pensieri?! Io ho sempre pensato alla morte, non ne ho mai vissuta di persona fino a due settimNe fa quando è mancato il mio caro nonno. Immaginavo, pensavo a come poteva essere ma solo quNdo ci si trova si capisce realmente cosa vuol dire.. Mi raccomando, basta post su questo argomento! A parte questo, è sempre un piacere seguirti.
Mi cogli in un periodo di stessi pensieri (vagamente fondati) e di ansia profonda. Guardo mio figlio e l’unica frase nella mia mente è “Io non POSSO lasciarti.”. E’ un ‘epidemia?