Che io sia stramba si potrebbe forse desumere dal fatto che detesto il caffè e pure il babà, nonostante i miei natali inequivocabilmente partenopei. Ma non c’è solo questo, ahimè. Da qualche tempo ho notato che molte cose “popolari” per me sono detestabili, o quasi. Ditemi che non sono sola.
1. Il tè verde
E dire che io il tè (nero, bianco, bancha etc) lo adoro. Col latte o col limone, zuccherato, amaro e con il miele. Ma il tè verde… Giuro che ci ho provato: in filtri o in foglie, semplice o aromatizzato, cinese, indiano e tutto il resto. Niente da fare. Per il mio palato il tè verde – soprattutto il matcha, quello che si usa spesso nei rituali asiatici – sa di pesce. Anzi no: sa di pescheria, di alghe stantie, di acqua con cui hai lavato il piatto di portata della spigola. Insomma, se non si era capito, per me è il tè verde un colossale “no”.
2. I libri di carta
Ad eccezione di quelli per bambini, dei fumetti e dei graphic novel. Va bene il profumo di tipografia, va bene la rilegatura sapiente fatta a mano da Gutenberg, va bene la poesia indicibile del font sulla carta riciclata, ma io i romanzi devo leggerli, non toccarli/annusarli/contemplarli. E i libri di carta sono ingombranti, costosi, pesanti, scomodi (perlomeno se, come me, leggi quasi sempre a letto e al buio), ti cascano dolorosamente sul naso se ti appisoli mentre stai leggendo. E hanno la maledetta tendenza ad attrarre elettrostaticamente nugoli di polvere e pelo di gatto. Quindi sì: viva il mio dissacrante ebook reader leggero, sottile, efficiente e retroilluminato. E provvisto di dizionario inglese integrato, che mi ha cambiato la vita in fatto di letture anglofone.
3. I film musicali
A parte Mary Poppins e i cartoni Disney, davvero, non fanno per me. Se voglio un concerto, o un documentario musicale, perché dovrei guardare un film? Vi dico solo che in aereo, tornando dall’Oman, ho provato a guardare La La Land mandando avanti le parti cantate. Dopo un po’ ho rinunciato e messo Hotel Transylvania.
4. Il latte di soia
Nonché la soia tutta, inclusi tofu e il seitan. Se l’alternativa sostenibile, etica e salutare al latte vaccino è questa roba qui, io preferisco fare a meno completamente del latte. Che poi è esattamente quello che ho fatto, ora che ci penso. Non mi sembra che sappia di pesce, come il tè verde, ma il risultato, per me, è comunque nauseabondo.
5. Gli stivaletti scamosciati
Ok, non ci capisco niente di fashion. Lo riconosco senza problemi. Però davvero, quelli a cui mi riferisco io, e lo avete capito, sembrano delle pantofole. Pantofole che, per inciso, anche mia nonna avrebbe trovato di gusto un po’ retrò. E poi, quando piove, non si macerano? Secondo me sono il classico capo che ben poche indosserebbero, se non fosse così “di moda”.
6. I fotolibri
Ditemi: che vi hanno fatto di male le vecchie stampe fotografiche di un tempo? Un paio di volte io ci ho pure provato, a progettare un fotolibro. Credo di averci impiegato non meno di 16 ore, ricavandone un gran mal di testa e una grave sindrome da alienazione. Mi tengo i miei faldoni colorati pieni di foto 10×15, grazie.
E voi? Avete dei gusti bizzarri? Quali sono le cose che tutti amano e voi invece non sopportate?
1 Commenti
Allora, fammici pensare.
Io i libri di carta li adoro, mentre con gli ebook proprio non mi trovo. Un libro ho bisogno di sentirlo in mano, di percepirne il peso e l’odore. Vero che ingombrano, costano e prendono polvere, però puoi scambiarli con amici e familiari o prestarli, a differenza degli ebook..
Mi piacciono anche i libri fotografici, più comodi da sfogliare delle foto singole. Gli album non ho voglia di farli, invece.
Per il resto, ti appoggio in pieno: peraltro, alla soia sono pure allergica ed il thè verde mi fa letteralmente vomitare!
Quanto agli stivaletti, penso tu intenda quelli rotondeggianti e piattissimi che vanno di moda. Ne ho comprati un paio in viaggio di nozze in Scandinavia nel dicembre 2009, perchè avevo freddo ai piedi.
Risultato, li ho buttati al mio ritorno, stufa di avere i piedi bagnati e la tallonite…macerano eccome, almeno quelli che avevo io (sottomarca però).