Riavvolgere il nastro di una cassetta infilando una penna nella rotella centrale. E bestemmiare sistematicamente per la degenerazione progressiva del groviglio, stile “parrucca del pagliaccio di IT”.
Sempre in tema: capire che si stanno scaricando le pile del walkman perché il tuo cantante preferito ha cominciato a cantare in balenese come Dory del film di Nemo.
Trascrivere il testo di una canzone direttamente dalla cassetta, un verso per volta. Play, stop. Play. Rewind ogni volta che non hai capito una parola. Ritrovarsi alla fine con il nastro usurato e le parole scritte a penna davanti a te.
Registrare una compilation su una cassetta. Regalarla a un amico dopo aver scritto una dedica sul foglietto per i titoli.
Aspettare il trillo di MSN.
Mandare una cartolina virtuale. Con la musichina natalizia di sottofondo.
Telefonare a casa di qualcuno col mal di pancia per l’emozione, ripetendo mentalmente la frase d’esordio: “Buonasera, signora, sono Silvana. C’è Tizio?”. Mandare un sms da una cabina telefonica, impiegando 45 minuti per completare l’intera procedura. Comporre il numero della Telecom che ti dice in automatico chi ha chiamato il tuo telefono fisso mentre tu non eri in casa.
Usare senza sentirsi in imbarazzo – o senza doversi sentire in imbarazzo – la parola telefilm. Aspettare un giorno intero per guardare la puntata successiva di Lady Oscar.
Frequentare un cyber cafè.
Avere un amico di penna che manda lettere di carta. Aspettare una risposta per settimane, godere fisicamente tenendo finalmente in mano quella busta e stirare con cura i fogli scritti fittamente prima di cominciare la lettura.
Guardare il muro di Berlino che crolla e ricordare cosa hai provato il giorno in cui è accaduto davvero.
Chiamare i leggings “pantacollant”. Oppure “fuseaux”.
Fare una ricerca usando un’enciclopedia di carta. Che al momento risultava una cosa del tutto inutile e insopportabilmente noiosa, ma dopo un quarto di secolo ha acquistato un certo fascino retrò che neanche io so spiegare.
Ricevere in regalo gomme o biscotti americani da un parente che è stato in viaggio negli States, e trovarla un’esperienza assai esotica.
Comprare un biglietto ferroviario in agenzia.
Fare la fila al telefono pubblico per chiamare a casa durante una gita scolastica.
Darsi appuntamento con un amico “sulla fiducia”: ci vediamo sul treno delle otto meno dieci, prima carrozza, seconda porta.
Ritagliare da una rivista le foto dei tuoi attori preferiti e incollarli sul tuo diario.
Compilare una schedina del Totocalcio insieme a tutta la famiglia.
Aspettare lo sviluppo di un rullino da 36.
Indossare dei pantaloni con le ghette. Ah, no: questa non è poi una cosa così bella. E comunque mi sa che i miei figli fanno ancora in tempo.
10 Commenti
Quante cose nn faranno mai eppure a me tante di quelle cose mancano
Ciao Silvana, grazie per il viaggio nel tempo 🙂
Io aggiungerei anche :
Passare pomeriggi a casa di nonna a fare scherzi telefonici con l’elenco tra le mani.
Mangiare un Winner Algida con gli amici del parco.
Ascoltare Pino Daniele a Piazza del Plebiscito.
Verooooo!!!
Se sei in vena di fare un tuffo nel passato ti consiglio se non lo hai già letto “Nessuno come noi” di Luca Bianchini finito di leggere la settimana scorsa e sono ancora adolescente negli anni ’80.
Me lo segno, grazie!
Bellissimo articolo, come sempre, ma qualcosa si può ancora fare! Perché no?
Quanta nostalgia….. È vero….. Mi sembra ieri…
Oddio che ridere hai proprio ragione… ma cosa abbiamo fatto tutte le a solite cose ?che buffa la vita… Proprio l’ giorno ho chiamato fusaux i leggins e mi hanno ripreso 😂😂😂😂ed io non capivo l’ errore??
Cmq i pantaloni con la ghetta mai e poi mai ne prima ne poi😎😎😎😃😃😃
Alcune cose le ho fatte anche io! Però quando è caduto il muro di Berlino io non ero ancora nata ahahah
E io ti odio. 🙂
Ho fatto tante di queste cose, le mie bimbe per ora hanno provato solo l’ebbrezza della ricerca sull’enciclopedia (erano i libri della biblioteca dei bambina…ma fa lo stesso 😉 )