Silvia Gianatti è una giornalista, sceneggiatrice di fumetti e scrittrice. Ma soprattutto è una donna brillante e multitasking, madre (empatica!) di due figli (e di due cani…). Alla maternità ha dedicato due libri, “Guarda che è normale” e “Guarda che sono due”, uscito quest’estate per i tipi di Fanucci Editore. Una riflessione di rara sincerità sull’attesa e sull’arrivo del secondo figlio, priva di infiocchettamenti e censure, ma ben lontana, almeno secondo me, dal terrorismo psicologico che spesso investe le mamme che sfoggiano il secondo pancione.
Silvia ha accettato di rispondere ad alcune mie domande, e a me pare davvero che le sue parole spieghino molte cose che penso anche io, decisamente meglio di quanto avrei mai saputo fare io stessa. Buona lettura alle mamme bis, a quelle che “ci stanno pensando” e a quelle che sanno già che il loro cucciolo resterà unico.
Tu stessa, nel libro, confessi di esserti sentita molto fortunata perché hai avuto due figli dormiglioni: quanto pensi che possa avere inciso, questo, nella gestione di due fratellini così vicini per età? In altri termini, conta di più la fortuna, oppure l’organizzazione (e l’aiuto)?
Se non avessi dormito (o non dormissi) non sarei qui a sorridere. Sono stata fortunata, molto, perché è andato tutto bene. Ma ho anche fatto tutto quello che potevo fare per abituarli a dormire, a prendere il ritmo. Sinceramente? Era l’unica cosa davvero importante per me (con un po’ di sano egoismo) e quindi li ho fatti dormire (e ho potuto farlo perché non avevano nessun problema, nessun disturbo. La fortuna c’entra eccome. Ma anche il ciuccio.) Dormendo di notte potevo (e posso) sopravvivere di giorno. Fa tutta la differenza.
A proposito di differenza di età, nel libro offri consigli preziosi da questo punto di vista. Col senno di poi, aspetteresti più tempo per mettere in cantiere il secondogenito?
No. Penso che sia una distanza perfetta, ora che l’ho provata. Probabilmente per ogni mamma la distanza dei propri figli è perfetta. Ma io sono contenta di averli piccoli insieme: ora giocano, parlano, fanno la lotta, divertendosi più o meno allo stesso modo, con le stesse cose. Perché anche la grande è ancora piccola. Farli vicini è faticoso all’inizio (e per inizio intendo che lo è ancora, forse di più ora di prima, visto che lui ha due anni ed è nel classico momento “furia”). E anche per me, per una mamma, averli piccoli insieme vuol dire, certo, restare nel “tunnel” della piccolinitudine un po’ più a lungo. Ma poi uscirne e non doverci pensare più. Ci sono quasi!
Hai deciso (come me la seconda volta) di non conoscere il sesso dei tuoi figli durante la gravidanza. Come mai questa scelta?
La prima volta è stato un po’ per vivere la gravidanza con più curiosità. Il papà non è curioso, ma io sì, tantissimo. È stata una (divertentissima) tortura. È come a Natale, quando vorresti tantissimo sapere che cosa c’è nel pacchetto sotto l’albero, ma in realtà aspetti soffrendo fino al 25, perché non ti rovineresti mai la sorpresa che diventa quindi ancora più bella. Ma soprattutto perché non ero pronta ad avere un maschio, volevo solo una femmina, disperatamente una femmina e, se mi avessero detto “maschio” all’eco del terzo mese non credo l’avrei presa bene. Ho deciso di darmi nove mesi per abituarmi all’idea e prepararmi. E infatti in sala parto ero pronta ad avere un maschio, anche felicemente. L’urlo che però ho fatto quando mi han detto “femmina” ve lo racconto un’altra volta. La seconda volta quindi l’ho rifatto perché mi era piaciuto troppo vivere così la prima (e non avevo neanche più preferenze, è stato quasi facilissimo). L’emozione di scoprirlo in sala parto non è raccontabile. Ma è pazzesca.
Quanto ha inciso l’essere una figlia unica nella tua scelta di avere due figli? E quanto la tua esperienza di figlia condiziona il tuo essere “madre di due”?
Ho sempre saputo che ne avrei fatti almeno due. Sono stata una figlia unica felicissima di essere da sola. Una bella infanzia, stracoccolata e al centro del mondo dei miei genitori. Eppure, ho sempre detto che ne avrei fatto più di uno. Perché mi incuriosisce quel che si può provare tra fratelli. Perché comunque ce la si racconti, un figlio unico è più solo di chi ha un fratello o una sorella. Anche da grande, anche se litighi. Non sarai mai da solo. Non ho sofferto di solitudine, ma sono da sola. Sono felice di sapere che loro no.
Cosa diresti a una mamma che vorrebbe un secondo bambino ma non trova il coraggio?
Che è la cosa più bella di tutte vederli insieme. Che il centro del nostro mondo, il nostro primo figlio, rimane lì, uguale dov’è. Ne arriva solo un altro, che si mette lì, tanto quanto. È un po’ più faticoso, un po’ più costoso anche. Ma meraviglioso non il doppio, di più.
Ti fermerai a due?
Sono poche le risposte certe che so dare, ma questa la so. Sì, mi fermerò a due. Ho sempre detto tre, prima. E ho cambiato idea. Forse perché ho anche due cani. Forse perché avendo avuto maschio e femmina romperei quello che mi sembra un equilibrio perfetto. Forse perché se è andata bene due volte non è che me la devo proprio andare a rischiare. O forse semplicemente perché sono stanca e ho bisogno di recuperare un po’ di spazio tutto per me. Bastava un sì, vero?
Se foste tra le poche a non conoscerlo ancora, correte a dare un’occhiata a Guarda che è normale, il blog di Silvia Gianatti