Mia figlia Flavia ha iniziato l’asilo da un paio di settimane. Tecnicamente sarebbe la sezione Primavera di una scuola per l’infanzia, ma so che ci siamo capiti. L’inserimento è stato archiviato nel giro di una settimana senza troppi drammi: qualche pianto, un po’ di agitazione nei primi giorni, tanta commozione quando vado a riprenderla (lo faceva anche suo fratello, scoppiava in un pianto liberatorio non appena ci riabbracciavamo sulla soglia). Adesso lei si ferma “a scuola” fino a dopo pranzo. Vado a riprenderla a piedi, mi porto dietro il suo passeggino sapendo che poco dopo, tornando a casa, si addormenterà. Ci abbracciamo forte e ci avviamo da sole, perché Davide rimane all’asilo anche di pomeriggio.
Dall’alto dei suoi due anni ancora da compiere, Flavia chiacchiera molto, come ha sempre fatto da quando ha iniziato a parlare, ormai un sacco di tempo fa. Riferisce con dovizia di particolari i nomi delle sue amiche e dei suoi amici, il menu quotidiano, i giochi fatti nel corso della mattinata. Recita “Palla pallina” in loop, con tanto di urletto conclusivo sul “buttala via, ché ti fa male!”. Se incontra i nonni, o quando riabbraccia suo padre la sera, racconta a tutti che è andata all’asilo.
Ma quello che ripete più spesso, con un’espressione ogni volta sbalordita e felice, è che “mamma è venuta a prendermi a scuola”. Lo annuncia ai quattro venti, lo ribadisce a chiunque le capiti a tiro. Con un tono stupito e soddisfatto, come di chi stia raccontando di avere appena ricevuto un regalo. Più che comunicarlo agli altri, mi sembra, lo spiega a sé stessa. Come se avesse bisogno di riviverlo, di ricordarsi che è accaduto. L’ho capito dopo qualche giorno, avvertendo una piccola stretta al cuore e una tenerezza sconfinata in fondo agli occhi. La meraviglia che mi pare di sentire nella sua voce è reale. Mia figlia ripete di continuo che sua madre va a riprenderla all’asilo perché lei, quando suo padre la affida al mattino alle maestre, non dà ancora per scontato che accada.
Rivedermi dopo qualche ora con le braccia spalancate è davvero una sorpresa, per lei. Ogni singolo giorno. Lo è ancora, per lo meno, e lo sarà fino a quando la scuola non sarà diventata un’abitudine.
L’ho abbracciata forte, quando l’ho realizzato. L’ho abbracciata e le ho promesso che andremo sempre a riprenderla a scuola, qualsiasi cosa accada. Che il suo posto è accanto a noi, e che non potremmo mai riuscire a vivere senza di lei.
Poi ho pensato a me, a quante volte applico ai miei figli i miei schemi di pensiero, interpretando, o giudicando, i loro comportamenti secondo i miei parametri di adulta. Tutte le volte in cui, come dice Saint-Exupéry, dimentico di essere stata piccola. È lo sbaglio più grande che facciamo come genitori, forse. Non riuscire a metterci nei panni dei nostri figli. Accompagnarli all’asilo dando per scontato che loro sappiano che li andremo a riprendere qualche ora dopo.