Il mio primo figlio è nato all’inizio di febbraio del 2013 e ha concluso in questi giorni il suo primo anno di scuola primaria, frequentato quindi da alunno anticipatario. Una scelta, quella di fargli cominciare le elementari a cinque anni e mezzo, molto controversa (anche se ancora molto diffusa dove viviamo noi) e che personalmente ho vissuto come uno dei tanti compromessi legati all’ambiente che mi sono trovata a dover fare da quando sono nati i miei figli.
Sinceramente, infatti, non avrei mai pensato di valutare l’ingresso anticipato alla primaria, se non mi fossi trovata dinanzi a condizioni del tutto particolari, e cioè una piccola classe di materna composta per il 100% da bambini che sarebbero passati alle elementari (per la maggior parte, peraltro, a loro volta da anticipatari). Davide, in altri termini, si sarebbe trovato a essere il solo a restare ancora per un anno – sarebbe stato il quinto, essendo lui entrato nella “sua” materna privata ad appena un anno e mezzo di età – alla scuola “dei piccoli”, vedendo andare avanti tutti gli amici con cui aveva condiviso il suo percorso, alcuni dei quali erano anche più giovani di lui. A me e a suo padre è parso che fosse una situazione potenzialmente a rischio, che potesse finire col minare la sua autostima e convincerlo, lui che è già un bimbo abbastanza insicuro, di non essere “all’altezza degli altri”. Così, confortati dal parere favorevole delle sue maestre e soprattutto dal fatto che nostro figlio spingesse decisamente per lasciare l’asilo, ci siamo in un certo senso rassegnati al suo ingresso anticipato alla primaria. Non senza dubbi e rimorsi, devo dire (soprattutto per me, che ho vissuto questa decisione con grande turbamento).
A conclusione dell’anno scolastico, devo dire che le mie sensazioni istintive erano corrette. Dal punto di vista strettamente didattico, non abbiamo registrato alcun tipo di problema: Davide, che era comunque un bambino perfettamente scolarizzato e avviato speditamente al pregrafismo, non ha avuto alcuna difficoltà nel portare avanti il programma di prima, nel fare i compiti ogni giorno e nel sostenere le ore di lezione (la sua scuola prevede solo la frequenza mattutina, non esiste il tempo prolungato). Mai una volta lui ha espresso rammarico o insofferenza, e mai le sue maestre hanno dovuto sottolineare difficoltà o problemi legati alla sua eventuale immaturità. Eppure, condizionata forse dai miei dubbi a monte, ho avuto per tutto l’anno la sensazione di avergli imposto un carico troppo gravoso per la sua piccola età, di aver sottratto tempo prezioso alle sue ore di gioco libero, di cui mio figlio mostra di avere ancora tanto bisogno. Non a caso, venendo incontro anche alle sue espresse richieste, abbiamo evitato per tutto l’anno di fargli fare attività pomeridiane strutturate, sport incluso, in modo da lasciargli, appunto, una quota di tempo completamente libero ogni pomeriggio.
Ovviamente non posso sapere come sarebbe andata se avessimo fatto la scelta opposta: forse mio figlio si sarebbe goduto un altro anno di ritmi più rilassati alla materna, oppure avrebbe davvero vissuto come una mortificazione il fatto di veder andare “avanti” tutti i suoi compagni di classe, restando l’unico escluso dalla tanto desiderata scuola “dei grandi”. Il senno di poi, d’altra parte, lascia davvero il tempo che trova. Se tornassi indietro, farei probabilmente la stessa scelta, con gli accorgimenti che abbiamo comunque già adottato: pomeriggi per giocare e scuola solo mattutina (del resto, qui non si può fare diversamente!), ma quella dell’anticipo scolastico resterà nella mia coscienza una “scelta obbligata dalle circostanze”. In un contesto diverso, anche la mia decisione sarebbe stata senza dubbio diversa.
Il mio consiglio, per quello che vale, resta dunque quello di valutare caso per caso, ma di privilegiare un ingresso più tardivo a scuola. Non tanto per questioni strettamente didattiche (io stessa, ai tempi, sono stata una anticipataria), ma per gli aspetti più “psicologici” della questione. Non credo, tutto sommato, che precorrere i tempi di qualche mese questo possa condizionare in modo significativo la carriera scolastica e la maturazione psicologica di un bambino, ma penso che, in linea generale, sia sempre preferibile concedere un anno extra di giochi, di infanzia “pura” e di relativa libertà. Perché una volta entrati nel percorso scolastico, si finisce in una specie di tritacarne dal quale, di fatto, non si torna più indietro.