È così che mi hanno cresciuto. Insegnandomi che quello che conta è fare, a qualunque condizione, “la cosa giusta”. Che poi è raramente quella che ti suggerisce l’istinto o quella che ti rende felice. Pensare al proprio benessere senza prima aver tenuto conto delle esigenze altrui è un comportamento egoista e in quanto tale immaturo, immorale, sbagliato. Pensare al proprio benessere sapendo addirittura che questo non è compatibile con la soddisfazione altrui è addirittura esecrabile. Imperdonabile.
Vivere più semplicemente senza chiedersi cosa pensino (o come vivano) gli altri del proprio comportamento è superficiale e infantile. Non c’è scampo. Gli altri, che lo meritino o meno, vengono in ogni caso prima di te stesso.
E se poi uno osasse provare sentimenti “negativi”, come la rabbia, la delusione, la gelosia o più banalmente un’antipatia, non resta che reprimere il proprio istinto malato. Lobotomizzarsi, violentarsi fino a cancellare i propri istinti. Fare ammenda, espiare. Perché ciò che conta, nella vita, è essere corretti, integri, “morali”, o almeno fingere di esserlo, mentre dentro ti si agita l’inferno. Fare la cosa giusta. Assecondare il senso morale comune, essere educati, rispettosi, altruisti, in ogni caso.
Me lo hanno detto in tanti, con tante parole diverse, per almeno 30 anni. Perdonare. Fare il primo passo. Mettere da parte “l’orgoglio”. Porgere l’altra guancia. Lasciar correre. Essere superiore. Dimenticare. Andare d’accordo con tutti.
Rispettare il prossimo. E pazienza se il prossimo, qualche volta, se ne frega altamente di te.
Sforzarsi piuttosto, sempre e comunque, di fare la cosa giusta.
Io non ne posso più.
Voglio sentirmi in diritto di pensare a me stessa, almeno una volta ogni tanto. Se qualcuno mi ha ferito, ignorato, mortificato, voglio accordarmi, semplicemente, il permesso di ignorarlo, trascurarlo , dimenticarlo. Cancellarlo, in qualche caso. Nessuna vendetta, nessuna ripicca, nessun rancore. Voglio solo fregarmene senza sentirmi un mostro, senza sentirmi obbligata a rimediare, ricucire, ricostruire. Senza pensare che sia colpa mia se un rapporto non funziona, o non funziona più. Salvaguardare quello che resta del mio orgoglio senza per questo sentirmi spregevole. Voglio selezionare. Arrabbiarmi – e restare arrabbiata – senza sentirmi un’infame. Perdonarmi se non riesco ad amare qualcuno, o se per qualche ragione a un certo punto ho smesso di farlo.
Soprattutto, è questo che voglio insegnare a mio figlio. Che, prima di rispettare gli altri, è se stesso che deve rispettare. Che deve amarsi, soprattutto. Più di quanto ami chiunque altro al mondo (ad eccezione, forse, dei figli che un giorno potrebbe avere). Che non c’è niente di male nell’incazzarsi, qualche volta, e che non devono per forza andarti a genio tutte le persone che la vita ti mette dinanzi. Neanche se con loro condividi la casa, la scuola, il cognome, il tuo stesso sangue.
Che se certe ferite stentano a smettere di dolere, non è colpa di chi quel male lo ha subito. E che ignorare quel male, fingendo che nessuno te lo abbia imposto, non è “ammirevole e maturo”, ma spesso soltanto masochista. Qualche volta la colpa non è neanche di chi quelle ferite le ha inferte, d’accordo, ma il dolore intanto resta, e imporsi di cancellarlo “per non sbagliare”, per non offendere “gli altri”, non è sempre saggio. E quasi mai paga.
Voglio insegnare a mio figlio che pensare continuamente a rendere felice gli altri, se questo non rende felice prima lui stesso, non è il modo giusto per vivere. E che essere egoisti, certe volte, è l’unica salvezza possibile, il solo modo che esista per volersi bene.
E sticazzi se “il prossimo” non è d’accordo.
14 Commenti
Se non ami te stesso non puoi amare gli altri. Una persona che non mette prima se stesso nonppotrà mai esserci per gli altri perché sarà sempre frustrato ed infelice. E su questa base l egoismo è sano finché non diventa lesivo delle altre persone. L unico limite è questo. Tenere dentro e reprimere è il modo migliore per vivere poco e male. .. il corpo butta fuori in modi diversi ciò che non può esprimere. Ti consiglio di cuore un libro che ha cambiato la mia vita tanto in meglio che lo consiglio praticamente a tutti quelli che conosco. “Leader di te stesso” di Roberto Re. I 10 € meglio spesi in assoluto della mia vita.
Grazie della dritta, Nicole. Metto subito in whishlist 🙂
Grazie anche da parte mia. Io vorrei solo smetterla di pretendere da me la perfezione, anche nei confronti di chi con me si comporta in modo affatto perfetto.
Un altro post che fa male.
Sono giorni che mi frullano in testa gli stessi tuoi pensieri.
Ho passato una vita a cercare di rendere felici gli altri prima di me. Processi di empatia che mi hanno tolto il sonno e la spontaneità. Mi viene solo voglia di essere un riccio, ora. Di non dire più niente, di non espormi più, di non aiutare più nessuno. Perchè la cosa bella, poi, qual’è? Che nove volte su dieci le persone non capiscono, travisano, se ne fregano.
Dove sta il giusto? Dove? Perchè è così importante quello che pensano gli altri?
A volte credo di avere il terrore della solitudine, ma cercare di accontentare tutti è comunque un modo perfetto per essere soli davvero… dentro.
Capisco cosa provi. Una vita passata a cercare di fare “bene”, a chiedere perdono per tutto (talvolta anche per colpe non mie), a misurare i gesti e le parole. E alla fine resta ben poco. Poche persone, poca autostima, poca libertà. Ma non è mai troppo tardi per cambiare rotta, no?
No non è mai troppo tardi ragazze. Fidatevi ci sono passata anche io. Partite da voi stesse.. Roberto Re vi saprà guidare davvero passo passo con quel libro. Fate gli esercizi.. sono meglio di qualsiasi terapia psicologica. Lui vi guida ma il cambiamento lo fate voi. Stare bene ed essere felici è vostro “dovere” soprattutto per i vostri figli. Se siete in pace con voi stesse il passato il presente e il futuro potrete essere delle guide ancora migliori per i vostri figli.io ho fatto questo percorso in primis per me stessa e poi per essere una madre migliore di quella che ho avuto. Commettono errori anxhe io ma non tremando la concezione retrograda che mi hanno tramandato e che mi ha reso infelice per tanti anni. Vi abbraccio.
Silvana ti seguo sempre e trovo che tu sia una bellissima persona oltre che mamma. Sii felice te lo meriti davvero.
Grazie di cuore, Nicole! Sei la benvenuta tutte le volte che vuoi 🙂
Com’è difficile trasmettere tutto questo ad un bambino. Anche dietro a un semplice “non piangere” c’è la negazione di un emozione, c’è l’insegnamento che quella emozione è sbagliata. E “non piangere” dopo “non piangere” nel bambino si forgia il carattere, nascono le insicurezze e le paure, perchè si sente giudicato in quello che sente.
Grazie per questa riflessione mamma green! Io ci penso spesso a questi temi, poi il quotidiano brucia le mie buone consapevolezze e finisco anche io per dire a mio figlio “non piangere” e a giudicare inconsapevolmente quel suo stato emotivo così puro e naturale che andrebbe, invece, solo accettato con serenità.
Grazie a te! Sono sicura che sei attentissima a rispettare e accogliere le emozioni di tuo figlio!
In questo momento della mia vita mi rispecchio tanto in questo post. Mi sento offesa e maltrattata proprio da famigliari che dovrebbero essermi più vicini, dopo aver fatto di tutto per mantenere un rapporto, crearlo, coltivarlo…ora sono stufa.
Un pò di sano egoismo non è il diavolo, non è maleducazione nè cattiveria, è sopravvivenza.
Hai proprio ragione: ci hanno cresciuto al servizio degli altri ma questo non ci rende felici e, in fondo, non fa felici neppure gli altri.
E allora, perchè continuare?
Non sentirti in colpa, non pentirti se vuoi anche il bene per te stessa!!!
Non fa felici neanche gli altri. Questo è un punto fondamentale! Mi dispiace per il tuo momento no, spero che passi in fretta… Un abbraccio forte.
Bello Silvana. Con tutti i “devo” imposti troppo spesso, perdiamo il contatto con noi stessi e quindi il rispetto che ci meritiamo. Ritrovare una pace con la propria solitudine per sentirsi, ascoltarsi e capirsi fino in fondo ci aiuta ad amarci e quindi… amare. Ogni imposizione fa soffrire la nostra indole di nascere, essere e vivere liberi; del resto, anche una felicità imposta sarebbe una tristezza infinita… che ne dici? Un abbraccio forte e grazie sempre. 🙂
Scrivevo della felicità “imposta” qualche tempo fa, condivido in pieno il tuo pensiero! E grazie a te, come sempre e fortissimo!