Le madri che conosco

Le madri che conosco, quelle della mia età, sono quasi tutte laureate. Sono madri che non hanno passato l’infanzia a immaginare l’abito per il loro matrimonio o il nome dei figli che avrebbero avuto. Non soltanto, per lo meno. Le madri che conosco sono donne che hanno studiato e viaggiato. Donne che leggono, che si informano, che fanno acquisti online e pagano i conti al ristorante. Le madri che conosco sono madri che lavorano, se e quando viene loro permesso.

C’è Emme, che ogni giorno attraversa un’intera provincia per entrare in un laboratorio troppo freddo e pieno di sostanze tossiche. Veste un camice che significa molto, per lei, e lavora con una diligenza che conosco fin dai banchi di scuola. Non la pagano. Ma sta imparando tante cose e “magari prima o poi esce un bando e mi assumono, almeno per qualche mese”. Un lavoro normale, stipendiato e in regola, ha smesso di cercarlo da un po’, ma prima o poi dovrà pur ricominciare.

Erre è una brava insegnante, sapeva che questo sarebbe stato il suo mestiere fin da quando era piccola e passava le giornate dall’altra parte della cattedra. Insegna agli adulti, perché trovare un posto in una scuola, soprattutto nella sua terra di emigranti, è poco più che una fantasia. Lavora una settimana sì e tre no, attende ogni volta grappoli di giorni per essere pagata. E intanto continua ad aggiornarsi, perché un’insegnante che si rispetti deve essere una brava studentessa per tutta la vita.

C’è un’altra Emme che è appena rientrata in ufficio dopo la maternità. Quattro mesi, non un giorno di più, perché ha un contratto a progetto ed è già tanto che non abbia perso il posto quando ha annunciato la sua gravidanza. Niente permessi per l’allattamento, niente telelavoro. Solo una neonata svezzata prima del dovuto e una mole enorme di sensi di colpa.

ministroA., invece, un lavoro normale ce l’aveva, da quando aveva 18 anni. Ma l’ha lasciato in un giorno d’inverno per seguire il suo uomo in un’altra regione. Un’emigrazione al contrario, che nel suo caso fa rima con disoccupazione. Chi vuoi che assuma la madre di due figli piccoli, lontana da casa, senza una famiglia su cui contare se i bambini si ammalano o sono in vacanza da scuola?

Di è un poco più grande di me, i suoi figli sono cresciuti in fretta e ormai sono più alti di lei. Quando erano piccoli ha barattato per sempre ferie, aumenti e dignità per un’ora di lavoro in meno ogni giorno, un’ora in più da passare con i suoi bambini. È circondata da maschi che aspettano da quasi quindici anni che lei si scusi per le sue gravidanze. Gli stessi che, al rientro dalla seconda maternità, le fecero sparire la sedia e la scrivania dietro la quale lavorava. Giusto per essere chiari. Per essere sicuri che non osasse riprovarci una terza volta.

C’è Gi, che lavora per una grande azienda. Ha una pausa pranzo interminabile e una figlia piccola che resta al nido fino a tardi. La flessibilità non esiste, quando servirebbe per rientrare a casa prima del calar del sole e correre al parco con la tua bambina per mano. Gi esce di casa molto presto al mattino e rientra quando ormai è buio. Prendere o lasciare, un’altra strada non c’è.

Le madri che conosco lavorano troppo o troppo poco, e lavorerebbero meglio se solo qualcuno le mettesse in condizione di farlo. Quando sono al lavoro, le madri che conosco devono scusarsi perché sono madri, e quando tornano a casa vorrebbero scusarsi perché sono donne che lavorano. Le madri che conosco, invece, non hanno proprio niente da farsi perdonare. Sono loro ad essere in credito di scuse. Scuse che, ovviamente, nessuno presenterà mai.

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137 Commenti

Calzino 26 Marzo 2014 - 12:01

Non posso fare a meno di piangere come una fontana. Che senso ha una società in cui una madre vive di più con i colleghi che con i propri figli e la propria famiglia? Che senso ha che io mi debba rifugiare nel bagno dell’ufficio a piangere perchè mi manca mio figlio come se stessi finendo l’aria disponibile? Che senso ha? Lo stipendio? Eh, pare di si.
E allora immagino un mondo in cui si zappano le patate, in cui si baratta la merce… e in cui le madri possono occuparsi dei loro cuccioli come madre natura comanderebbe.
Che crisi.

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:46

Io non posso che abbracciarti da lontano. Ricordarti che non sei sola e che tuo figlio conosce il tuo amore. Coraggio.

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Angelo 31 Marzo 2014 - 21:49

Brava, il massimo rispetto per la dignità che dimostri
Angelo

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deborag 3 Aprile 2014 - 08:40

Sto piangendo con te!!!messa uguale!!!

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Ceraunavodka 26 Marzo 2014 - 12:03

E spesso sono mamme per caso che si sono ritrovate a dover fare molto meglio di prima qualcosa che facevano già bene con la metà del tempo (e delle energie) a disposizione. Spesso sono mamme che si sentono addosso sguardi di compassione o che le giudicano per una scelta troppo affrettata che potevano anche non fare.

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:53

Mamme che fanno bene tutto ciò che fanno, a casa e fuori. E che vanno ammirate, e non compatite!

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Pizzico di Sale 26 Marzo 2014 - 12:06

Come hai ragione

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:47

E non sai quanto vorrei avere torto, questa volta…

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Donatella 26 Marzo 2014 - 12:18

Sensi di colpa da un lato e dignità costantemente messa sotto i piedi dall’ altro! Ricerca continua di un baricentro che nessuno ti indicherà mai! Grazie Silvana che dai voce a tutte noi!

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:47

La dignità vera, per fortuna, sopravvive.

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marianna 26 Marzo 2014 - 12:23

..e lo so bene purtroppo…
per carità, sono contenta del mio lavoro e delle nuove responsabilità che mi hanno affidato ma sentirmi in colpa perché mio figlio è ammalato e lavorare al telefono mentre provo a fargli l’aerosol non è mica normale…
ma adesso la cosa peggiore è un’altra: mi ha passato l’influenza!!! come farò??

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:48

La trappola del senso di colpa… Ci cadiamo tutte. Coraggio, rimettiti presto.

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Maria 26 Marzo 2014 - 13:14

Grazie mille!!!! Hai dato voce a tutte noi!

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:48

:*

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Lucia Malanotteno 26 Marzo 2014 - 13:18

sto leggendo il tuo post in quella che è più o meno la tua pausa pranzo. ho la gavetta da casa, perchè non ho buoni pasto e se allo stipendio tolgo anche i pasti oltre al costo della mensa del pupo (fortuna che il nido è finito!) e della strada mi devo iniziare a chiedere se valga la pena venir a lavorare. Mi viene quasi da piangere leggendoti, perchè stamattina sono uscita prima che si svegliasse e stasera forse mia madre me lo riporterà a casa già addormentato. E perchè mi son rotta di vivere in un posto dove mi tocca sentirmi in colpa perchè son fortunata, perchè ho un lavoro. Ma non era un diritto?
PS: rientrata finiti i 4 mesi, lavorato da casa durante tutta la maternità. Non tutti i dipendenti pubblici sono uguali, fidatevi!

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:48

No, non lo sono. E questo è ancora più intollerabile. Coraggio.

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tsukina83 26 Marzo 2014 - 16:32

qualche lacrima è scesa anche a me…anzi tante lacrime…si attenuerà prima o poi questo senso di colpa o andrà solo peggiorando?

Reply
Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:55

Vedrai che andrà tutto bene. L’amore trova sempre una strada.

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MammArch 26 Marzo 2014 - 21:31

Collaboratrice a partita IVA in uno studio di architettura…appena dopo aver comunicato la mia prima gravidanza…”peccato, non abbiamo più bisogno di te!!!” e dire che fino a quel momento ero stata un bel cavallo da corsa, autorevole in cantiere, precisa e puntuale nelle consegne, specializzata su temi ambientali ed in grado di gestire alla grande I clienti stranieri…ma la pancia cambia tutto!!! Sono passati quasi 5 anni, le pance sono diventate due, la gioia di avere una famiglia è incommensurabile e la mia libera professione procede grazie alla mia determinazione…ma ancora mi brucia il fatto che siano stati calpestati I miei diritti e che continua ad essere così: GRRRRRRR!!!!

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:49

Idem. Galleggio da libera professionista, ma le cose non sono più state le stesse.

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MammArch 26 Marzo 2014 - 21:47

Devo dire però che la libera professione mi ha fatto bene! All’inizio ero sempre in affanno e mi sentivo in colpa se non riuscivo ad essere al 100% presente sul lavoro e con la mia primogenita 2G e negavo di essere una madre anche se in sottofondo I miei clienti sentivano inequivocabili suoni di neonata.
Ora sono molto più equilibrata, scafata e con la risposta pronta, per cui il pomeriggio sono spesso fuori sede (al parco) o in riunione (momento pisolino con cellulare spento) e poi recupero quando riesco (spesso di notte). Ma la cosa più importante è che quando spiego il motivo del mio momento di assenza lavorativa non mi sento in colpa, ma orgogliosa di ciò che riesco a fare nonostante tutto e penso che anche questo sia un bell’esempio da mostrare alle mie figlie!!! In bocca al lupo a tutte le mamme 😉

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elena 28 Marzo 2014 - 20:36

brava Mamma Arch mi sono riconosciuta …lo sono stata anche io ! Ora i miei figli hanno 32 e 34 anni . Ed io faccio ancora l’architetto ….

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Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 22:25

Che bello. Io di anni ne ho quasi 33 e l’architetto è il mio papà 🙂

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Elena 31 Marzo 2014 - 10:14

grazie mammearchitetto della vostra testimonianza!mi da coraggio xche’a me e’andata ugualeuguale e sto tenendo duro ma ancora non so se ce la faccio ,il mio piccino ha ancora 16mesi,lo Studio dopo che ho lasciato col pancione non ha piu’bisogno e io mi barcameno con la libera professione e un nido che piu che un supporto e’una gran fonte di influenze!!per ora e’durissima….ma spero un domani di poter parlare come voi…

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Vivi 27 Marzo 2014 - 10:34

Purtroppo, come ho letto di recente in un articolo apparso su un noto quotidiano nazionale, in Italia il valore del ruolo di madre non è riconosciuto nè dalla società nè tanto meno dallo Stato. Di fatti sono situazioni come queste che spesso obbligano una donna a scegliere, come se vivessimo 2 vite totalmente opposte e inaviccinabili: lavoro o famiglia.
Inutile dire e ridire che in Italia il welfare (non so come si scrive, abbiate pazienza) fa schifo perchè è cosa nota e tanto non cambia, ma come diceva questo giornalista, è assurdo continuare così perchè se non ci fossero “madri” non eisteremmo più.
Eppure anche io sono nella situazione di Gi: lavoro lontano da casa con una pausa pranzo interminabile. Sto via minimo 12 ore al giorno e ho un bimbo di 9 mesi. Ho sputato l’anima per l’azienda per 9 anni, tirandone le fila perchè il titolare è un casinista, stando qui fino a notet per poi portami anche del lavoro a casa e venire il week-end. Finchè non sono rimasta incinta una prima volta e ho dovuto rallentare, con conseguenti matrattamenti da parte di tutti. Per lo stress la gravidanza è anddata male e la seconda volta sono stata costretta a stare a casa da subito. Mi hanno comunque mandato del lavoro da fare a casa…e figuriamoci! Perchè alcune questioni scottanti le avevo seguite sempre e solo io.
Sono tornata da 3 settimane e l’accoglienza è stata terrificante: musi, toni arroganti, mole di lavoro assurda.
Oltretutto il bimbo ha reagito male al mio rientro e io pure peggio. Tutto è cambiato e io mi sento divisa a metà, spezzata, non riesco ad essere nè una madre come vorrei nè la lavoratrice di un tempo.
La cosa che più mi opprime però è il contesto sociale in cui vivo, contrario alla maggior parte d’Italia. Sono stata spinta soprattutto dalla famiglia a rientrare perchè qui non esiste che una donna non lavori! Potrei starmene a casa, certo il tenore di vita sarebbe modestissimo contrariamente a ora, ma dopo anni di sacrifici volete mettere la soddisfazione di veder crescere mio figlio e occuparmi di lui? Potevo anche rientrare tra altri 3 mesei, ma nulla. Sono stata letetralemnte sbattuta fuori di casa da marito e genitori (miei tra l’altro) indignati dal fatto che volessi rinunciare al lavoro.
Quindi ora vengo qui contro voglio, ogni mattina quando entro mi sembra di varcare le porte dell’ade sapendo che mi aspettano ore di schifo, per poi tornare a casa sotto gli sguardi giudicanti dei famigliari e senza la dovuta serenità da poter dare a mio figlio. E la triste realtà è che se molassi e cercassi altro, sappiamo tutti bene che una donna abbondantemente sopra i 30 anni e con un figlio piccolo, un lavoro non lo troverà mai.

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Calzino 27 Marzo 2014 - 11:18

Vivi, le tue parole mi sfondano il cuore. Tieni duro, teniamo duro. Io sto così male che ho iniziato un percorso di psicoterapia… Ogni mattina andare in ufficio è peggio di uno stupro.
Speriamo che il tempo quieti la mente e lo spirito, facendoci accettare tutto questo strazio con più serenità.
Un abbraccio,
Calzino.

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:52

Il paradosso è proprio questo, si passa dallo “stai a casa e cresci i figli” al “che c’entra che hai dei figli, lavora comunque 12 ore al giorno!”. Non è questa l’emancipazione, non è questa l’uguaglianza dei diritti. Vorrei poterti dire di ribellarti. Di mollare tutto e fregartene. Di non rinunciare alla tua serenità per uno stipendio. Di non permettere ad altre persone di decidere al posto tuo. Ma non posso farlo. Nessuno può permettersi di dare suggerimenti o consigli in situazioni del genere. Posso solo dirti, con le lacrime agli occhi, che non sei sola e che se vuoi ti posso ascoltare.

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Silvana - Una mamma green 27 Marzo 2014 - 11:54

Però se sei oggetto di mobbing puoi denunciare!! Questo sì!

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Vivi 23 Aprile 2014 - 17:12

No, non si tratta di mobbing, solo di un ambiente di lavoro deteriorato e logoro nei rapporti personali, come penso ce ne siano tanti. Solo che ora non ho intenzione di portarmi a casa lo stress che ne deriva.
Il peggio è che non ho nessun tipo di appoggio nemmeno da parte della famiglia, che sì mi tiene il bambino mentre lavoro, ma con discutibilissimi metodi educativi (purtroppo non può andare al nido per problemi di salute) ma dall’altra parte non fanno altro che criticarmi “obbligandomi” a seguire una vita che non è più la mia. Per quieto vivere, sarà retorica, ma la battaglia è in arrivo perché se devo arrivare a stare troppo male per continuare non ha senso, ma nessuno capisce che il benessere di un neonato, passa prima da quello della madre e il lavoro è una parte importante della nostra vita e quindi ha un grande peso in tutto questo.

Reply
Lape 27 Marzo 2014 - 15:50

E i padri?
Mia figlia cresce come il vento, faccio 80000 km anno e son 2/3 giorni la settimana sono fuori, per lavoro. Ogni volta che rientro mi vengono le lacrime, ogni volta è cresciuta e io non c’ero e quei momenti non ritorneranno. Attendo con bramosia il sabato mattina ( la mamma il sabato mattina lavora), ci alziamo tardi, ci mettiamo quanto vogliamo a fare colazione, poi fuori ai giardini. Ma che padre sono che si dedica una mattina alla settimana al suo pistacchio?
D’altra parte possiamo permetterci (noi due, la mamma ed il babbo ) di non lavorare? No, direi di no. Proviamo a crearci un’alternativa, si ci proviamo, ma intanto il tempo passa e non ritorna. Rabbia, frustrazione e sensi di colpa accanto ad una forte voglia di cambiare, in n paese dove cambiare non è permesso, dove il futuro è bruciato dai nostri ‘padri nobili’ ( meglio conosciuti come classi dirigenti).
Ma noi non ci arrendiamo…

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Sara Crimi 28 Marzo 2014 - 19:22

Grazie per questa testimonianza.

Reply
Silvana - Una mamma green 31 Marzo 2014 - 13:11

I padri. Quanto hai ragione. Mi pare che si dia ancora per scontato che un padre non abbia il diritto di passare del tempo coi propri figli. È deprimente. Però quanti padri contribuiscono ad alimentare questa mentalità?

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Superfly 27 Marzo 2014 - 15:53

Grazie, grazie perchè da mamma che lavora ho letto e ho le lacrime agli occhi…

Reply
stella scadente 27 Marzo 2014 - 16:33

E quando a farti scontare il fatto di aver avuto dei figli sono altre donne, è ancora peggio.

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 09:44

Giù. In questo noi donne siamo terribilmente abili, purtroppo.

Reply
Monica Livi 1 Aprile 2014 - 10:17

Mi è successo dopo la seconda figlia (che ora ha 14 anni) di sentirmi dire dalla mia “capa” di allora ….. sai, con due bimbe piccole non possiamo più fare affidamento su di te. E vedermi relegata (informatico, specialista web e comunicatore) a fare lavoro di segreteria. Ma mi sono presa la mia rivincita. Siccome svolgevo il lavoro in pochissimo tempo ho studiato, vinto un concorso per salire di grado e me ne sono andata in altro Assessorato, a fare un lavoro più gratificante (che faccio tutt’ora) e con capi (uomini) molti più comprensivi del mio essere madre (mi hanno anche dato il telelavoro, quando le figlie erano piccole). E mi sono presa la soddifazione di dirne 4 a quella ex capa

Reply
Silvana - Una mamma green 1 Aprile 2014 - 10:22

Bravissima! Godo insieme a te 😉

Reply
Giorgia 27 Marzo 2014 - 18:16

Io ringrazio mia madre tutti i giorni per non avermi mai fatto mancare niente. Per essere riuscita a fare il part time per anni e anni,per aver giocato con me tutti i pomeriggi. La ringrazio in silenzio purtroppo. E adesso che torna a casa alle 8 di sera perché è tornata a fare full time e io sono una “bambina” grande…mi manca tanto.

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 09:46

Giorgia, io sono certa che tua madre sia tanto felice di aver trascorso quei pomeriggi con te. E visto l’ottimo lavoro che ha fatto, direi che ne è proprio valsa la pena 😉

Reply
neenuvar 27 Marzo 2014 - 20:33

Io sono incinta di sei mesi, a casa in maternità anticipata a causa di una malattia cronica. Son invalida ed a tempo indeterminato, ma sono certa che – una volta tornata – non si faranno scrupoli a farmi sentire in colpa e a volermi ridure le ore. Io spero solo di trovare un altro lavoro, anche part time, dove ci siano persone più comprensibili e di cuore.. esistono?

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 09:47

Mai dire mai. Magari ti sorprenderanno positivamente. Io te lo auguro con tutto il cuore, sperando che tu riesce a goderti i cambiamenti che ti attendono. In bocca al lupo per l’ultimo trimestre 😉

Reply
neenuvar 28 Marzo 2014 - 12:02

Nah, mi avevano già abbassato le ore da 40 a 20 con l’intenzione di lasciarmi a casa.. figuriamoci. Onestamente non ho alcuna fiducia in loro!

Reply
acasadiclara 28 Marzo 2014 - 00:08

anche io sono una mamma che lavora a tempo pieno, per fortuna vicino a casa e per fortuna con i nonni a supporto. ma è solo un caso e solo perchè ho deciso di restare qui dove sono nata a fare un lavoro che non è il mio invece di andarmene per il mondo a seguire le mie passioni. ma purtroppo ho imparato a non avere rimpianti, a non voltarmi indietro e i miei sensi di colpa li ricaccio già fin da quando i miei figli erano piccoli. e così nel tempo libero e nei week end facciamo un sacco di cose insieme, anche se certe volte sono stravolta. ma voglio che mi ricordino come la mamma un po’ pazza che fa le torte di notte e organizza le gite in pausa pranzo e non li fa sentire soli comunque. Direi che abbiamo poche alternative noi mamme che lavoriamo, e invece basterebbe così poco per renderci più serene e felici. io mi potrei accontentare di uscire un’ora prima tutti i giorni, oppure avere 1 pomeriggio libero a settimana. non mi sembra di chiedere tanto.

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 09:44

Io adoro le mamme un po’ pazze!! 🙂 Comunque no, non chiedi tanto. E forse se continuiamo a chiederlo tutte insieme, prima o poi ci daranno retta.

Reply
SaraDM 28 Marzo 2014 - 00:55

“Quando sono al lavoro, le madri che conosco devono scusarsi perché sono madri, e quando tornano a casa vorrebbero scusarsi perché sono donne che lavorano. ” sempre in difetto. Spalle al muro nei momenti di crisi. Finta disponibilità accompagnata da chiacchiericcio. Che mondo sterile quello che non comprende che una mamma riuscirebbe a fare il doppio nella metà del tempo se le fosse concesso di Vivere i suoi cuccioli. All’estero non è così! Ci sono donne in nord Europa con più figli avuti anche con diversi compagni che armonizzano famiglie e orari di lavoro flessibili. Manager in job sharing e dirigenti in part-time. C’è il modo di poterlo fare…ma chi vuole farlo?

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 10:17

Che aggiungere? Confidiamo nei nostri figli. E speriamo che sappiano cambiare le cose, tocca a noi insegnarglielo.

Reply
Alfio 28 Marzo 2014 - 09:25

C’è mia moglie che con l’aiuto del sottoscritto e dei nonni, e avendo fatto le scelte giuste adesso è dirigente in una multinazionale. Nonostante due figlie piccole…
non portiamo solo esempi negativi, qualcuna ce la fa

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 09:43

Alfio, come donna e come madre sono sinceramente contenta per tua moglie. Immagino che abbia dovuto fare delle rinunce in termini di tempo passato con la famiglia, ma questo vale per qualsiasi genitore che lavora, maschio o femmina. Comunque non è questo il punto. Il punto è che se potessero contare sull’aiuto dello stato (e non sui nonni, che non sempre ci sono o sono disponibili, o sono all’altezza) anche molte altre “ce le farebbero”. Non spetta ai nonni mettere le madri in condizione di conciliare lavoro e famiglia, per come la vedo io. Spetterebbe a uno stato sociale degno di questo nome (nidi pubblici, contributi per tagersmutter, maternità più lunga, congedo di paternità obbligatorio, etc) e a una classe imprenditoriale più lungimirante (flessibilità, telelavoro, part time, nidi aziendali, etc). Altra questione: non tutte le donne (me per prima), come non tutti gli uomini, del resto, ambiscono a diventare “dirigenti in una multinazionale”, a prescindere dalla propria condizione familiare. Eppure in tante sono costrette, o costretti, a lavorare 10/12 ore al giorno lontane dai figli. Per quelli di loro che non hanno scelta, le cose dovrebbero cambiare. Spero di cuore che la nuova classe dirigente composta da persone come tua moglie si faccia promotrice di un cambiamento radicale. In bocca al lupo!

Reply
Alfio 28 Marzo 2014 - 10:14

Tu hai ragione, ma purtroppo viviamo in Italia e non in Svizzera. Lo stato sociale qui non é mai esistito. Impensabile pretenderlo adesso con le casse vuote. Dobbiamo accontentarci dei nonni o emigrare in un paese civile. È triste da dire ma é cosi

Reply
Sara Crimi 28 Marzo 2014 - 19:26

Leggere queste storie fa tanto male.
In quanto libera professionista, io “mi sono potuta permettere” di lavorare fino a 48 ore prima di partorire e di ricominciare quando mio figlio aveva cinque giorni di vita. Lavoro da casa, mi fermavo per allattare, avevo l’aiuto delle nonne (sante subito), ho lavorato di notte e in tutti i momenti in cui mio figlio dormiva.
Vorrei dare un abbraccio a tutte queste donne, a quelle dell’articolo e a quelle che raccontano le loro storie nei commenti.

Reply
Silvana - Una mamma green 28 Marzo 2014 - 22:26

Sono con te. Le abbracciamo insieme.

Reply
Manuela 29 Marzo 2014 - 12:50

Scusate, ma i padri dove sono? Da questo post appaiono solo come presenze evanescenti, o peggio come trascinatori – a causa del loro lavoro, ché sicuramente il loro lavoro è prevalente su quello delle madri – di mogli e figli qua e là per il paese. Ma insomma, svegliatevi, pretendete dai padri la loro parte di responsabilità, ingaggiate una battaglia casa per casa, famiglia per famiglia, coppia per coppia. Credete che bastino leggi di tutela (che ci sono), o lavoro a tempo indeterminato, o condizioni speciali di qualsiasi tipo, per cambiare questa situazione? Il maschilismo è come la polvere, si posa dappertutto, e continua a posarsi, anche quando crediamo di averlo spolverato via per bene. E non bisogna ma abbassare la guardia, anche quando crediamo di averlo ripulito per bene. E’ talmente fine e penetrante, come la polvere, che lo si ritrova anche in certi post, che, credendo di difendere le donne, riescono solo a farle commuovere, e non citano, men che meno richiamano l’altra parte ai loro compiti e alle loro responsabilità.

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Silvana - Una mamma green 30 Marzo 2014 - 21:34

Manuela, io ti ringrazio per questo tuo parere, ma non vedo cosa c’entri, in questo caso, il richiamo al ruolo dei padri. Qui si sta parlando delle donne che hanno dei figli e della loro (non) possibilità di scelta. Parlo di madri che vorrebbero lavorare ma non trovano spazi e di altre che vorrebbero stare più tempo con i figli e non ne hanno la possibilità. Nessuno dice che loro “dovrebbero” lavorare meno per badare ai figli, si dice solo che dovrebbero poter scegliere, esattamente come avviene in altri paesi più avanzati e meno maschilisti del nostro. Il fatto che i padri possano e debbano occuparsi dei figli esattamente come le proprie compagne, francamente, c’entra poco. E te lo dice la moglie di un papà che è stato per nove mesi in congedo parentale, giusto per respingere ogni accusa di maschilismo.

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Sara 29 Marzo 2014 - 14:33

Questo post proprio oggi…proprio in questo periodo in cui ho ripreso a lavorare, seppure per poco piu’ di due settimane. Io ho provato il full-time, il part-time post parto con orari scelti da me, unico compromesso una domenica ogni tre, ma e’ durata poco, al primo accenno di crisi tutta la disponibilita” e le belle parole sono svanite e alla fine ho deciso di licenziarmi. Sono a casa da un anno e mezzo con il mio treenne e il mio primino da seguire nei compiti. A settembre avrei voluto cominciare a cercare lavoro ma la vedo dura e sotto sotto forse non mi va nemmeno.ma soprattutto discutendone oggi con mio marito mi sono sentita dire “scegli come vuoi, puoi lavorare oppure no, l’importante e’ che tu e i bambini siate sereni e appagati, per il resto i sacrifici si possono fare” solo ora forse mi rendo conto della fortuna che ho…

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Sara 29 Marzo 2014 - 14:59

Grazie Silvana, hai descritto la mia vita: laureata, con anni di esperienza, anche all’estero,mamma, e costretta a chiedere un part-time al 75%, perchè i nonni sono lontani. In 3/4 del tempo faccio quello che gli “uomini” dell’ufficio fanno da full-time, e lo faccio meglio di loro. Un riconoscimento? Un grazie? Un aumento? Non sia mai. E poi la sera quando i marmocchi dormono si riaccende il computer, nel caso in cui ci sia ancora qualcosa di lavoro da sbrigare, spesso, purtroppo.

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Francesca 29 Marzo 2014 - 21:24

Le mamme dovrebbero fare le mamme, perchè è questo che i figli chiedono. Le mamme devo nutrire, accudire, amare, 24 ore su 24, troppe invece pensano prima alla carriera, ad essere come gli uomini e poi magari intorno ai 40 decido che è ora di diventare madri. Io credo che ormai la nostra società abbia perso valori e ruoli da un bel pezzo e i nostri figli saranno ancora più disorientati di noi. Francesca 29 anni (mamma non laureata di Lorenzo 4 anni e Viola 15 mesi)

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Silvana - Una mamma green 31 Marzo 2014 - 13:09

Francesca, io penso più semplicemente che le donne dovrebbero poter scegliere. Se accudire il propri figli 24 ore su 24 (tutte le mamme sono tali 24 ore al giorno, anche quelle che lavorano fuori casa), se dedicarsi maggiormente alla carriera, se fare entrambe le cose. Il problema è che adesso sono in poche a poter scegliere davvero.

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Mary cofano 30 Marzo 2014 - 16:47

Siamo lontani anni luce da molti altri paesi europei in cui lavorare da casa è una realtà consolidata da tempo… Potremmo dedicare tutte più tempo alla famiglia se in Italia venissero offerte agevolazioni fiscali alle aziende che propongono il lavoro da casa e se esistesse una legge x chi vuole lavorare ma anche seguire i propri figli! Non è impossibile! Personalmente mi auguro che anche da noi qualcuno ci pensi e presto renda questo possibile ..

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Silvana - Una mamma green 31 Marzo 2014 - 13:07

Me lo auguro con te. Sta anche a noi facilitare il cambiamento.

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mamma avvocato 31 Marzo 2014 - 07:34

Mi viene da piangere per quanto e’ vero questo post e per quanto mi ci riconosco!

Reply
chiara 31 Marzo 2014 - 11:14

anche io mi riconosco molto in quanto scrivi…. sopratutto in questa meravigliosa frase: “Quando sono al lavoro, le madri che conosco devono scusarsi perché sono madri, e quando tornano a casa vorrebbero scusarsi perché sono donne che lavorano”… perchè è così che mi sento tutti i i giorni, dal lunedì al venerdì… (mamma full time, lavoro ad un’ora da casa, figlia 2enne)…

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Io tifo per voi TOP OF THE POST #15: 31 marzo 2014 31 Marzo 2014 - 14:41

[…] Le madri che conosco della mamma green Silvana, già ospite la scorsa settimana, e dunque alla sua seconda nomination […]

Reply
blaise79 31 Marzo 2014 - 18:25

Non é vero che i padri non c’entrano a questo post, c’entrano eccome. Perché in questa lacrimosa, seppur drammaticamente vera, descrizione c’é un errore di fondo: é impossibile pretendere la paritá al lavoro di una madre se questa é l’unica a occuparsi dei figli.
Non si puó fare tutto, crescere un figlio e fare carriera, non dormire la notte ed essere efficienti al 100% il giorno dopo al lavoro, scappare a prendere i figli a scuola e presenziare a una riunione importante. É inutile continuare a dire che i datori dei lavoro e i colleghi sono dei sadici aguzzini verso le donne-madri e poi continuare a riversare sulla donna la stragrande maggioranza delle incombenze genitoriali.
Il giorno che anche i papá si alzeranno regolarmente la notte quando il figlio piange, si prenderanno permessi di paternitá in eguale misura delle madri, scapperanno dall’ufficio quando dall’asilo chiamano che il bambino ha la febbre … il problema della discriminazione lavorativa non esisterá nemmeno piú. Quella é la paritá, non che il datore di lavoro consenta un trattamento di riguardo a una donna solo perché é madre.
Conosco donne che sono ai vertici di gruppi di ricerca e sono madri, anche di due, tre o piú figli. Conosco donne che quando hanno annunciato l’ennesima gravidanza in pochi anni hanno ricevuto le congratulazioni del capo. Conosco donne che gestiscono perfettamente il lavoro e la famiglia e trovano pure il tempo di avere una vita personale di svaghi. Guarda caso sono tutte donne che hanno il marito con un lavoro altrettanto flessibile o persino il marito casalingo!

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Silvana - Una mamma green 31 Marzo 2014 - 21:53

Conosci donne fortunate. Buon per loro (quando ho annunciato la mia, di gravidanza, il mio capo ha risposto “A tuo rischio e pericolo”). Non sapeva che mio marito sarebbe stato presente e partecipe, non me lo ha neanche chiesto.

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Xenon 6 Aprile 2014 - 22:18

E anche se un padre vorrebbe occuparsi della propria figlia, che nascerà a breve, e dire che ho anche una titolare donna, sai che cosa ci si sente rispondere? “Non pensarci neanche a prendere dei permessi”.. “perché un altro che fa il tuo lavoro lo trovo quando voglio”. Che tristezza questi ricattucci da mafiosi nel 2014..

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 09:46

E’ quello che abbiamo cercato di fare io e mia moglie: io, anche se lavoravo a livello medio alto in azienda, ho sempre messo al primo posto la famiglia e le bambine, per la prima ho preso due mesi di permessi di allattamento, perchè mia moglie doveva rientrare al terzo mese con la bima ancora non svezzata (si toglieva il latte che poi le davo io). Però in azienda queste scelte non vengono comprese, e come per molti altri aspetti, io sono sempre guardato con sorpresa quando non concedo disponibilità totale.

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blaise79 8 Aprile 2014 - 10:18

Per capire il perchè del sospetto quando non viene data disponibilità totale, consiglio questo illuminante articolo nella rubrica La 27esima ora del Corriere: http://27esimaora.corriere.it/articolo/ma-il-tempo-delle-single-vale-meno-di-quello-delle-mamme/

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cinzia 31 Marzo 2014 - 20:45

e poi ci si riempe la bocca di “quote rosa” in parlamento, per carità tutto bene! Per fare un figlio devi essere sicura che hai vicino nonni, zie, o parentadi vari che ti aiutano, altrimenti sei nella m…..!

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Elisafons 1 Aprile 2014 - 13:33

Che post e che commenti interessanti…io sono fortunata: insegno in una scuola privata a 10 minuti d’auto da casa. Mio marito lavora 8 e più ore al giorno a 10 minuti da casa. Di tempo ne resta, non tantissimo ma abbastanza e sabato e domenica si resta insieme 🙂 certo leggere di altre situazioni prive di serenità, rispetto, dignità fa male…mi viene però una riflessione: questo tempo di crisi ricco di contraddizioni e di contrari, senza punti di riferimento, crea incertezza anche alla figura della donna-madre. Quante giovani ragazze oggi abituate al lavoro e al mondo che incontrano con esso vanno letteralmente in depressione con l’arrivo di un figlio? Si è vero è una fase che attraversano quasi tutte le donne ma quante non riescono poi ad affrontare la maternità?? Mi viene da dire che c’è qualcosa che non va…sensi di colpa per il rientro al lavoro, se stai a casa ti sentì esaurire sempre di più perché non hai altro da fare che pensare ai figli e alla casa. Insomma questa condizione di emancipazione per cui, purtroppo, ancora bisogna lottare ci ha fatto perdere la bussola e questa società non è assolutamente in grado di mandarci segnali confortanti e cartelli d’aiuto per riprenderci in mano le nostre vite di donne-madri-lavoratrici…tante volte sogno anche io di ritornare a fare l’orto ed allevare gli animali ognuno nel suo giardino…e invece ogni giorno dobbiamo confrontarci con i modelli a cui assomigliare: donna sexy, massaia, madre pedagoga, moglie sostenitrice e silenziosa al punto giusto…e chi vuole aggiungere aggiunga…

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Silvana - Una mamma green 1 Aprile 2014 - 22:53

Scrivi esattamente ciò che penso. Non siamo più libere, solo più incasinate.

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Camilla 2 Aprile 2014 - 02:56

È vero ma chi ci fa sentire così siamo noi stesse, non lo Stato che non aiuta e non la società che giudica. Conosco donne che avevano un’ottima posizione lavorativa che un bel giorno di sono stancate di sentire di dover essere. Hanno scelto, pur con difficoltà, di lasciare il loro lavoro e dedicarsi ad altro. Una di queste è letteralmente tornata a fare l’orto nel suo giardino. E non ha figli. È vero che ci sono difficoltà legate alla maternità che andrebbero eliminate, ma riguardo al peso delle aspettative che hanno gli altri su di noi, siamo noi stesse a dovercene liberare.

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Daniela 1 Aprile 2014 - 14:06

E poi ci sono io che non ho nonni-zii-cugini che mi possono aiutare e che mi presento ai colloqui dicendo che posso lavorare ma solo in orario di asilo…

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Silvana - Una mamma green 1 Aprile 2014 - 22:54

Il padre dei tuoi figli che lavoro fa? Non potete organizzarvi? 🙁

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Camilla 1 Aprile 2014 - 19:16

Ci sono anche io. Ho seguito mio marito in due città diverse per il suo lavoro. Adesso sono a casa, disoccupata, mamma di una bimba di 4 anni e in attesa del secondo. Genitori di entrambi e parenti lontani centinaia di km, nessun aiuto, nessun appoggia. La vita è, inevitabilmente, più modesta rispetto a quando lavoravo. Ma abbiamo deciso che, data la situazione, possiamo almeno ritenerci fortunati a poter scegliere una cosa: mi sono riappropriata della responsabilità dell’educazione e dell’istruzione di nostra figlia (e ovviamente anche di quel fagiolo che arriverà presto), per cui niente materna. E da quando è a casa con me è 1000 volte più serena, ha imparato molte più cose, ha sviluppato una fantasia incredibile e ha una curiosità verso tutto che non mi stanco di soddisfare. Stiamo meditando anche per l’home schooling, per ora per le elementari, e poi valuteremo in base ai risultati e alle necessità (dei bambini, soprattutto!).

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Silvana - Una mamma green 1 Aprile 2014 - 22:56

Poter scegliere. Questa è una vera fortuna. Sarei felice di sentire come va con l’home schooling. È un’opzione che mi sento di escludere (io ho adorato la scuola, credo molto anche nella materna), ma mi interessa molto il punto di vista di chi la pensa diversamente.

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Camilla 2 Aprile 2014 - 03:09

Quando vuoi. Ho cominciato da poco a leggerti ma mi trovi d’accordo con te su parecchie cose. Mi piacerebbe avere questo scambio di idee con te. Se riesci a recuperare il mio indirizzo e-mail scrivimi. È una strada che mi spaventa tanto quanto mi attira. Condividere e discuterne è stimolante e utile. Anche io credevo molto nella scuola e nella materna. Poi è successo qualcosa e ho iniziato a vedere la vita diversamente.

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alessandra 1 Aprile 2014 - 21:17

E poi c’è chi dice che l’Italia è un Paese con natalità zero? ma lo sanno quante difficoltà deve affrontare una donna per farsi largo nel mondo del lavoro? per farsi apprezzare, per far riconoscere le sue esigenze, per ottenere qualcosa, per tenersi stretto il suo posto senza dover fare la single a vita?

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Silvana - Una mamma green 1 Aprile 2014 - 22:57

Lo sanno? E chi lo sa? 🙁

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ciube 2 Aprile 2014 - 06:08

Voglio lasciare anche la mia testimonianza:
Ci sono madri che , diversamente da molte di voi , si VOGLIONO realizzare nel lavoro a discapito di figli e marito ( della famiglia )….perdendo quei valori che ritrovo in molte di voi, non accontentandosi di un buon lavoro ( autonomo, dove……credetemi non ci mancava nulla ), rimanendo fuori per giorni e lavorando pure il sabato mattina. Dopo l’ inevitabile separazione….ancora oggi mio figlio ( 17 anni ) mi dice: la mamma arriva sempre tardi, chiamiamo la rosticceria per mangiare qualcosa……..( un esempio, non che la madre serva solo a nutrirlo, ma loro guardano con occhi diversi da noi )
Al giorno d’oggi non penso sia l’unica, e questa voglia per alcune e necessità per altre, di affermazione, non porta a nulla di buono. Io NON vorrei mai una donna sottomessa alla società, ma semplicemente una persona con i valori della famiglia…… quelli che sento in molte di voi. Anch’io penso che i vostri figli capiscano cosa state facendo per loro………grazie

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violatika 2 Aprile 2014 - 08:48

tra le madri che conosco io ci sono alcune che hanno scelto quale figlio avere e quale lasciare nel buio, alcune che hanno scelto di essere madre per “scroccare ferie, ora che finalmente l’azienda è stata costretta a firmare il contratto indeterminato!” e poche altre che sacrificano vita e “libertà” perché niente vale di più!

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Silvana - Una mamma green 5 Aprile 2014 - 15:37

Purtroppo c’è anche chi si approfitta della propria condizione di madre (o di futura madre), danneggiando non solo l’azienda per cui lavora e i propri colleghi, ma l’intera categoria!

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Fede 2 Aprile 2014 - 08:55

Leggo tutti queste storie con il magone dentro… mi riconosco in ognuna di esse.
Ho cambiato lavoro per farne uno che non è il mio, che non mi piace, che mi tiene occupata 11 ore al giorno… solo per essere vicina a casa ed avere l’aiuto di nonna e zia. Anche il sabato.
Ma la sera, anche se sono cotta, e la domenica cerco di recuperare… nonostante i panni da lavare, da stirare, la casa da pulire… faccio mille giochi con la mia bambina, mille coccole. Mi dicono che lei da grande apprezzerà i sacrifici dei suoi genitori (il papà lavora anche di più!) ma intanto questi momenti nessuno ce li dà indietro, e passano veloci come il vento. Vedo altre mamme al pomeriggio che passano in bicicletta con i loro bimbi per andare al parchetto, e io muoio di invidia. Immagino i bimbi all’uscita dell’asilo che corrono incontro alle loro mamme… e mi manca tutto terribilmente.
Penso spesso a quanto mi piacerebbe avere un altro bambino… ma poi mi sentirei in colpa il doppio, perchè devo lasciarne due invece che una… non lo so. Teniamo duro, ma è molto difficile.

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ele 2 Aprile 2014 - 14:42

l’anno prossimo faro’ 30 anni, la mia ginecologa ogni volta che mi vede mi chiede quando smettero’ la pillola e iniziero’ l’acido folico. sono una “fortunatissima” libera professionista (non per scelta mia, ma per scelta di altri ….) sto continuando a rimandare una gravidanza nonostante il “momento sia quello giusto, la persona quella giusta da anni e i futuri nonni non siano più giovanissssimi”, non so cosa potrebbe succedere dopo il lieto evento e procrastino sperando le cose migliorino, ma nn migliorano mai..

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Vale 2 Aprile 2014 - 22:07

leggo e ho il magone. io sono la laureata a cui l’unica persona che ha dato un lavoro è suo padre, lavoro in cui le mie qualifiche naturalmente non c’entrano un tubo. e quando lavori per tuo padre è un po’ come lavorare in proprio, avere a cuore allo stesso modo l’azienda. fortunata a poter lavorare da casa e a gestirmi da sola. anche se ho fatto massimo 2 settimane di stacco dal lavoro, quando è nato il secondogenito, anche se il dover affidare la grande ai nonni è una coltellata ogni volta (sapere che volendo potrei andare al parco con lei e fare tante attività e giochi con lei, ma devo lavorare), se penso a quanto mi perdo di lei e di loro tenendo sempre il naso incollato al computer o l’orecchio sul telefono, al fatto che non stacco mai realmente perchè ogni secondo libero è sul lavoro, giorno e notte, al fatto che sono così stanca che non so nemmeno cosa voglio per me stessa, o cosa fare da grande. quanto è dissociante questa vita.

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L. 3 Aprile 2014 - 11:15

io sono, forse, la voce fuori dal coro. ho trenta anni e ho appena lasciato un lavoro a tempo indeterminato (comunque bello e gratificante) con un capo assolutamente pro-maternità (concede permessi, orari flessibili eccetera a tutte le mamme dell’ufficio senza colpo ferire, che lo ripagano con una grande efficienza e serenità) per buttarmi in una nuova avventura: il lavoro che sogno da tutta la vita, da quando ero bambina, ma con contratto a progetto per il momento. Tra pochi mesi mi sposo con l’uomo che amo, l’idea di fare una famiglia c’è, non nego di aver pensato e valutato questa scelta attentamente, ma alla fine ho deciso di buttarmi perché, ripeto, è il sogno della mia vita e in qualche modo farò. Probabilmente penserete che sono pazza – molte persone lo hanno pensato – ma non mi sento ancora pronta a rinunciare ai miei sogni personali per viverli solo in interposta persona (leggi: un figlio, pensare solo alla SUA realizzazione e non più alla mia). Curiosamente, amaramente, mi sono sentita dire di tutto soprattutto dalle mamme, o neo-mamme, che mi vedono come una egoista arida che non riesce a capire che la gioia più grande è solo quella di un figlio. Io un figlio lo voglio, perché amo un uomo e voglio fare questo passo con lui (e non solo “voglio un figlio, punto.”) perché credo che la vita possa essere un’opportunità meravigliosa, perché voglio sentirmi madre un giorno e far crescere un essere umano aiutandolo a imparare ad essere felice e a combattere le sue battaglie con me al suo fianco. Però sono proprio le donne a farmi sentire male, non voglio sentirmi all’ultimo giro a trenta anni, essere definita come una carrierista che elude dalla sua vita l’unica vera gioia, quella della famiglia. Ho la grande fortuna di poter vivere di un lavoro che è anche il lavoro che vorrei fare – non dirò mai che DEVO lavorare, io voglio lavorare, perché mi piace! – e non voglio rinunciarci io per prima. Non vorrei, davvero non voglio, ma mio malgrado mi viene da pensare che forse le donne che mi criticano lo fanno non tanto per invidia, ma perché si sono in un certo senso arrese nell’inseguire TUTTI i loro sogni, o almeno provarci. Mi dispiacerebbe molto se fosse così.

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Silvana - Una mamma green 3 Aprile 2014 - 11:23

Io ti dico buona fortuna, invece! Vorrei avere avuto, in passato, un pizzico del tuo coraggio… Se mai vorrai dei figli (che poi, hai 30 anni, mica 45!!!), li crescerai insegnando loro, con l’esempio, che la propria volontà vale più di molte “certezze” preconfezionate. Io avrei voluto tanto un insegnamento così, quando ero piccola!! Solo una cosa, da madre: non è che fare un figlio debba per forza significare mollare i “tuoi” sogni per coltivare i suoi. La sfida quotidiana sta proprio nel cercare di conciliare entrambe le cose. Non facile, ma ci si prova! In bocca al lupo! 😉

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chiara 3 Aprile 2014 - 11:27

Io ti ammiro e fai bene… quando avrai un figlio, lui vivrà con una madre che ha avuto il coraggio di inseguire e realizzare il suo sogno, nonostante tutto. Vivrà accanto con una madre serena e realizzata (e non frustrata e depressa) Questo è l’esempio migliore che tu potrai dargli! Complimenti!!!
ps. ma il tuo (ex)capo “assolutamente pro-maternità) non è che viene a parlare con il mio e gli spiega un paio di cose???!!!

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L. 3 Aprile 2014 - 11:30

grazie davvero 🙂
e poi, ti cito: “Solo una cosa, da madre: non è che fare un figlio debba per forza significare mollare i “tuoi” sogni per coltivare i suoi.”
io ne sono convinta, di questo 🙂 ma temo che siamo in poche a esserlo…anche dai commenti a questo post, li ho letti tutti e sono davvero pochissime le mamme che parlano con passione anche del lavoro che fanno (o che vorrebbero fare, se) – a quanto ho letto, per la maggior parte di loro è solo una spiacevole ma necessaria incombenza che toglie tempo a ciò che veramente vorrebbero fare, cioè stare coi figli, portarli al parco, guardarli crescere…è QUESTO che mi fa paura nel diventare mamma: l’idea che forse è un passaggio mentale inevitabile, una sorta di “clic” nella testa che ribalta tutto e che stravolge priorità e desideri. Forse capiterà anche a me, quando sarò madre, e la cosa mi spaventa moltissimo…forse ho fatto la scelta che ho fatto solo perché – anche se vorrei essere madre un giorno neanche troppo lontano – ORA non lo sono ancora, e quindi le mie priorità sono diverse…mi spaventa molto, ma è più un discorso a livello “filosofico” il mio 🙂

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Un'italiana in Lussemburgo 4 Aprile 2014 - 21:47

Stai tranquilla, non c’è nessun clic. Tu sei tu, con figli o senza. Se ti piace andare al lavoro, continuerà a piacerti. Il fatto che diventi più complicato non c’entra niente, sono mille le cose che possono complicarti la vita, e non puoi prevederle tutte.
E se è vero che una mamma che lavora si sente in colpa al lavoro e si sente in colpa a casa, è anche vero il contrario: sei contenta di andare al lavoro più di quanto lo eri prima, e sei contenta di tornare a casa più di quanto lo eri prima.
Perché se hai sempre lavorato, se ti piace quello che fai, se non ti sai vedere senza la tua vita di adulta autonoma – professionalmente ed economicamente – non avrai nessuna voglia di fare la mamma a tempo pieno. Lo penserai, qualche volta, in un momento di stanchezza. Ma lo penserai senza crederci.
Se questa è la vera te, non cambierà. Te lo dico per esperienza diretta.
Il vero problema non è quello che succede nella tua testa e nel tuo cuore, ma il fatto che il mondo esterno ti metta spesso e volentieri i bastoni tra le ruote. Ma questo prima ancora che con l’avere figli c’entra con l’essere donna, e abbiamo ancora molto lavoro da fare per cambiare le cose. Le nostre mamme hanno cominciato, ora tocca a noi.

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lastellaincielo 3 Aprile 2014 - 19:30

Grazie di cuore!
Mi rivedo abbastanza in D., lavoro in ambiente maschile, ogni gravidanza è stata un “scusate”, lavorato fino all’ultimo, rientrata subito.
Mi hanno fatto part time perchè conveniva a loro, facendomelo pesare a me, che su di me non si può contare.
Ora mi fanno pesare che non sono più operativa come un tempo (ma d’altro canto lavoro la metà delle ore…)….
….e soprattutto non mi “perdoneranno” mai 3 gravidanze di fila, soprattutto la prima, in cui mio figlio è nato morto e per la legge italiana di allora sono dovuta rimanere a casa 4 mesi (perchè stavo lavorando durante l’ottavo)….
Però guardo i miei figli, vedo i loro progressi, penso ai sacrifici che hanno fatto i miei genitori che dovevano lavorare e spesso non sapevano a chi lasciarmi e sono contenta di essere presente nella loro vita….

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mammaalcubo 3 Aprile 2014 - 21:51

Con questo argomento sfondi milioni di porte aperte.
Io mi sono laureata quando mio figlio aveva 9 mesi. Due stage, poi l’assunzione a tempo indeterminato e la trasformazione di un sogno in un incubo. Capi nevrotici, troppi colleghi incompetenti, corse perenni contro il tempo per accontentare tutti e non arrivare mai da nessuna parte. Poi il secondo figlio, il reflusso, le notti insonni, la negazione del part time. Ho dato istantaneamente le dimissioni, con vaffa incorporato.
Per due anni ho fatto la mamma e la casalinga disperata, cercando senza sosta un lavoro che mi consentisse di realizzarmi professionalmente e di dedicarmi adeguatamente alla famiglia. Ora sembra che la mia utopia stia diventando realtà… vediamo se il tempo mi darà ragione.

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Andrea 3 Aprile 2014 - 22:58

Tristi veritá. Nn pensiate però che un papà che esce la mattina, dando un bacio alla figlia di 4 anni che ancora dorme, e che rientra alla sera a volte con la figlia giá di nuovo a letto, sia tanto più felice. Un abbraccio.

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irene 4 Aprile 2014 - 03:21

Che amarezza…io laureata con lode, schizzata all’estero appena finita l’universita’, 10 anni di carriera galoppante passati a scorazzare su e giu per l’Europa…e poi manco alla gravidanza mi hanno fatto arrivare, lo “spartiacque” e’ stato il matrimonio: “sai, c’e’ la crisi, dobbiamo mandar via qualcuno e tu sei giovane, ora ti sposi, poi vorrai dei figli…e poi tuo marito guadagna bene…” Mi sono tolta una bella soddisfazione sguinzagliandogli contro un noto studio di avvocati del lavoro e ho ottenuto quello che volevo, ma l’orgoglio ancora brucia. E comunque alla faccia loro mi sono sposata, ho fatto ben 2 mesi di viaggio di nozze su e giu per il sudamerica e a gennaio e’ nato il mio meraviglioso Max. Intanto proseguiamo con il progetto familiare, in attesa di andare di nuovo via da questo paese dimenticato da Dio…che tristezza…

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randagio 4 Aprile 2014 - 09:56

Sono un collega di tante mamme e ne ho un grande rispetto. Non farei mai sparire la tua scrivania perché so quanto è importante ciò che stai facendo mentre non sei in ufficio.
Sono anche un padre e condivido le tue preoccupazione per i nostri figli.
Non pensare che tutti i tuoi colleghi ti sono nemici, non è così.

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Raf 4 Aprile 2014 - 10:44

Ciao io sono un papà di due bimbi di 1 e 3 anni. faccio il pendolare e spesso esco di casa la mattina presto, quando loro dormono e torno quando sono gia praticamente a letto o nella fase ancora piu delicata in cui stanno per andare a letto e ogni interruzione al rituale della nanna significa ricominciare “tutto” da capo. Ho scelto questa vita logorante (lavoro 9 ore al giorno e viggio per quasi 4) per la mia famiglia perche volevo che i miei figli potessero stare un po più con la madre e vivessero in un posto più a misura d’uomo rispetto alle grandi metropoli dove lavoro. quando parlate di papà e genitori non generalizzate, farlo è sempre un grave errore. Devo dire che è veramente dura e per quanto riguarda i sogni attenzione seguiteli e cercate di raggiungerli ma al contempo state con i piedi ben ancorati a terra, quando si hanno dei figli si hanno delle grandi responsabilità e non possiamo permetterci di sbagliare è un po triste ma è così, e a me è capitato che per inseguire un “sogno”, ho rischiato di rimanere disoccupato e non potere piu portare il pane a casa.. è stato terribile e solo con molto impegno e un po di fortuna sono tornato alla normalità e adesso me ne guardo bene.. bisogna essere coerenti con la situazione contingente che purtroppo non permette sbagli oppure se li permette ti presenta un conto da pagare che è spesso molto molto salato.

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Dreamitalia 7 Aprile 2014 - 12:29

io con il primo figlio ci ho rimesso la promozione (secondo loro la mia maternità equivaleva ad ASSENZA) e con la seconda ho dovuto dare le dimissioni.
quello che più mi ha fatto male è STATA LA TOTALE MANCANZA DI AIUTO DA PARTE DELLE ALTRE DONNE, anche quelle che ritenevo più amiche (se poi alla fine esiste veramente l’amicizia nel luogo di lavoro) che se ne sono fregate della serie “trova tu il modo di sopravvivere”.
non le perdonerò mai.

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Anna 8 Aprile 2014 - 09:20

Scusate ma, in tutto questo, i padri e i mariti dove sono?

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Silvana - Una mamma green 8 Aprile 2014 - 09:33

I padri, spesso, sono ingabbiati in lavori a ritmi pre-sindacali che limitano in modo straziante la loro possibilità di stare insieme ai figli. In ogni caso, come ho già scritto rispondendo a un altro commento, questo post vuole raccontare la difficoltà di scelta di tutte le madri, di quelle che vorrebbero lavorare di più (ma non trovano spazi) e di quelle che vorrebbero passare più tempo coi figli (ma non ne hanno la possibilità). Questo a prescindere dal sacrosanto ruolo dei genitori di sesso maschile.

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manutheartist 8 Aprile 2014 - 09:48

Ci sono MADRI che ben posizionate nel loro INTOCCABILE POSTO DI LAVORO se NE FREGANO dei loro sottoposti (uomini e donne a pari merito) precari e senza stipendio, che vanno in maternità E SCARICANO IL LORO LAVORO PER MESI a tali sottoposto non pagati/ o pagati per fare ben altro. Ci sono donne che poi quando rientrano dalla maternità RINFACCIANO 8 mesi dopo che quanto è stato fatto al posto suo, è stato fatto male, e che è colpa nostra e che adesso pure ci si lamenta se i pagamenti dei contratti sono in ritardo di ben 8 mesi.
Ripeto.
Ci sono casi e casi.
Ma io, GRAZIE a questa donna e MADRE ho subito delle gravissime conseguenze a livello innanzitutto lavorativo e, purtroppo soprattutto, famigliare visto che la situazione ha coinvolto non solo me ma anche il mio compagno che disgraziatamente ho avuto l’ardire di suggerire e sostenere come collega in tempi non sospetti.
Ci sono MADRI che SE NE FREGANO.
Ecco, l’ho detto. Perché è giusto dirlo almeno una volta tanto.
E adesso subissatemi pure di commenti negativi, non mi importa. Ma io sono stufa di vedere situazioni completamente ribaltate.

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Silvana - Una mamma green 8 Aprile 2014 - 09:55

Emanuela, io concordo pienamente. E l’ho detto anche rispondendo a un altro commento. Purtroppo ci sono anche persone che se ne approfittano, gravidanze “a rischio” che non sono davvero tali, abuso di permessi e malattie. E questi comportamenti sono davvero controproducenti per l’intera categoria. Un po’ come (e lo dico da napoletana) quei napoletani che delinquono, alimentando il pregiudizio per cui “i partenopei sono delinquenti”. Il cambiamento riguarda tutti. Anche noi madri. Grazie di cuore del tuo intervento.

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 09:50

Bel post: anche se gli esempi che porti e i commenti arrivati provengono da vari campi lavorativi, io credo che l’opposizione più forte all’integrazione fra lavoro e vita personale, e quindi anche e soprattutto alla maternità, viene dalla cultura aziendale di cui si parla in questo blog che segnalo e soprattutto nel post del link, che trovo in tema.
http://dipendenteriluttante.blogspot.it/2014/03/lazienda-e-le-donne-esclusivita-e.html

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Silvana - Una mamma green 8 Aprile 2014 - 09:58

Ciao Guglielmo, grazie del tuo commento. Io non sono troppo d’accordo con il senso del post che segnali. Non penso che ci sia una incompatibilità “di genere” con la vita d’azienda, anzi, mi pare un ragionamento un pelo maschilista. Non sono soltanto le donne che hanno il bisogno e il diritto di conciliare la propria occupazione con tutto il resto. Penso invece che il lavoro aziendale stia diventando (come prima dell’era sindacale) spesso insostenibile, a prescindere dal genere del lavoratore e dalla sua condizione personale e familiare. Questo sì.

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 15:40

Può darsi che ti sia sembrato maschilista perchè non hai letto altri post del blog che è tutto incentrato su una critica ai comportamenti aziendali e soprattutto alla ribellione del protagonista a questa mentalità. Quindi il senso non è “le donne non fanno carriera in azienda perchè non sono adatte”, ma “nella attuale mentalità aziendale, per fare carriera occorre adattarsi a una mentalità e a comportamenti deviati e le donne a maggior ragione non lo possono fare”.
Sono un forte sostenitore del porre le relazioni e gli affetti in cima alla scala di valori e di impegni e questo da sempre mi procura incomprensioni al lavoro e trovo che nelle donne questa esigenza è intrinsecamente più forte e non devono rinunciarvi per adattarsi alla mentalità deviata e trasformarsi in una brutta copia del peggior stereotipo maschile (“sopra a tutto la carriera”)

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 15:57

Cerco di spiegare meglio la mia opinione: nel mondo del lavoro odierno soprattutto nelle aziende, specialmente in Italia, si viene misurati sulla base della disponibilità, della presenza fisica, del numero di ore dedicate al lavoro e sulla completa separazione fra vita lavorativa e tutti gli altri ambiti della vita (affetti, relazioni, compiti sociali, passioni….): non viene concepito che questi ambiti si possano mischiare o che si possa lavorare efficacemente in molti ambiti e in molte occasioni anche senza essere presenti fisicamente in un certo luogo in certi orari.
Ovviamente aderire a questa mentalità vuol dire mettere tutto in subordine alla vita lavorativa che peraltro più si sale nella carriera e più diventa ingombrante. In una simile situazione, in azienda, quelli che fanno carriera devono rinunciare spesso alla vita famigliare o a quella di relazione (http://dipendenteriluttante.blogspot.it/2014/03/lazienda-e-la-vita-di-relazione.html) o almeno devono essere disposti a penalizzarla fortemente: di solito gli uomini sono più propensi per fare questo, anche perchè forse si adatta meglio ai ruoli tradizionali. Io credo invece che sarebbe ora di cambiare questa mentalità e poter mischiare i vari ambiti senza penalizzarli, anche perchè oggi ce ne sarebbero i mezzi: se le cose però rimangono come sono, penso che sia meglio che una donna rinunci a fare carriera in azienda, piuttosto che snaturarsi ancora di più di come fa un uomo.
E lo dice uno che ha sempre messo al primo posto le relazioni e la vita famigliare, tanto da prendere i famigerati permessi di allattamento per dedicarsi alla prima figlia.

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Cherry tree 11 Aprile 2014 - 14:51

Condivido tutto e sopratutto il tuo commento sull’insostenibilità dell’essere in azienda. Io non trovo proprio senso a vivere in azienda, per l’azienda. O meglio trovo insensato che sia un obbligo per tutti. Dovrebbee essere tutto più a misura d’uomo, se l’uomo (o la donna) lo chiede. Perchè non è giusto che io non abbia un lavoro, e se mai dovessi trovarlo si tratterebbe sicuramente di fare una scelta che andrebbe a sfavore di mio figlio. Ma secondo me non è neanche giusto che il mio compagno questa scelta non ce l’abbia neanche, perchè se lui non lavora tutto il giorno non possiamo neanche mangiare. Non aspiriamo a diventare ricchi, vorremmo solo serenità: economica e mentale, per goderci quello che abbiamo costruito.
Ma pare sia impossibile attualmente.

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Silvana - Una mamma green 8 Aprile 2014 - 15:49

Certo, questo era chiaro, e tra l’altro condivido appieno la critica. Quello di cui non sono del tutto convinta è che “nelle donne questa esigenza sia intrinsecamente più forte”, ma è soltanto la mia opinione. Leggerò gli altri post!

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 16:04

Il senso di quella frase è che un uomo può adempiere al proprio ruolo sociale, per tradizione o per vocazione non so, anche mettendo al primo posto il lavoro e quindi riesce più facilmente a farlo senza sensi di colpa. Non vuol dire che è giusto o che è un bene, ma è così. Una donna che lo facesse invece andrebbe contro il proprio ruolo e la propria vocazione (naturalmente se ha una famiglia e se è madre). Io peraltro ho fatto scelte diverse e messo sempre al primo posto la famiglia e gli affetti, anche mettendo motivazione nei contenuti non formali del mio lavoro e in questo ho affrontato molte incomprensioni e difficoltà, che racconto in quel blog in incognito: perciò io mi auguro che non debbano mai farlo e credo che invece ciò che deve cambiare è la mentalità del lavoro in azienda e non devono cambiare la vocazione e le motivazioni delle donne per riuscire ad adattarsi a questo tipo di ambiente.

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Silvana - Una mamma green 8 Aprile 2014 - 16:10

Ma certo, condividiamo la stessa battaglia.

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maria serena 8 Aprile 2014 - 16:56

io credo che molto cambierebbe non solo se le aziende cambiassero mentalità e si aggiornassero nei metodi,ma se anche i padri si prendessero qualche responsabilità in più (loro dovere tra l’altro) nella cura dei figli,perchè a farli saremo pure noi,ma una volta svezzati non dovrebbero essere solo accuditi dalla madre,ma pure dal padre (se non è scappato al test di gravidanza)….insomma,qualche congedo e qualche ora di lavoro domestico-famigliare in più,anche gli uomini se lo potrebbero prendere,anzi,dovrebbero,perchè le loro compagne potessero vivere la vita che loro già vivono

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Andrea 62 10 Aprile 2014 - 13:21

Concordo in pieno! Bisogna superare le tradizionali differenze di genere. Ho personalmente toccato con mano quanto il mondo del lavoro, almeno in Italia, sia totalmente chiuso nei confronti della famiglia in generale e della donna/mamma in particolare. Mi sono dovuto dimettere da un’azienda dove lavoravo da 23 anni ricoprendo una buona posizione (Coordinatore tecnico), perchè non mi ha concesso né l’aspettativa né il part-time richiesti, quando la mia compagna era in attesa di nostro figlio… sono riuscito solo ad ottenere il congedo parentale (solo perchè è una legge!!) nonostante le disapprovazioni dirigenziali. Per contro ho cresciuto mio figlio minuto per minuto con un pò di fatica e tanta soddisfazione, tantè che a 8 mesi ha iniziato a parlare chiamandomi “mamma” e lo ha fatto per 4/5 mesi prima di scoprire che ero il papà! Forse io sono un caso estremo, ma quando sento dire che dei papà non hanno mai cambiato il pannolino al proprio figlio penso che ci sia ancora molto da fare! Dovremmo imparare dai Paesi del Nord Europa, maestri nel welfare e nel saper gestire la famiglia, indipendentemente dal sesso di appartenenza! Ora, dopo il diploma di geometra di oltre 30 anni fa, mi sono laureato per educatore nei servizi per l’infanzia con l’intenzione di concludere la mia vita lavorativa con i bambini, anche se adesso è un momentaccio!

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Andrea 62 10 Aprile 2014 - 13:23

… dimenticavo di dire che, alla nostra età, non potevamo contare sui nonni (genitori e suoceri) già ultraottantenni e con problemi di salute!

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 17:20

Ceratmente è vero che dividere i compiti riesce ad alleviare gli aspetti pratici, ma ti assicuro che non allevia i sensi di colpa delle madri e in ogni caso ci sarebbero le stesse resistenze verso i padri e te lo dico perchè con me è stato sempre così. Per migliorare invece decisamente la situazione ci dovrebbe essere una mentalità che incoraggia e non penalizza la flessibilità, i part time (magari temporanei), l’uso del telelavoro o più semplicemente dei metodi per lavorare a distanza.

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Silvana - Una mamma green 9 Aprile 2014 - 09:28

Ma non lo mette in dubbio nessuno! Però ti assicuro che esistono anche madri ben liete di lavorare fuori casa 10 ore al giorno (le conosco personalmente, molte leggono questo blog) e sarebbe un loro sacrosanto diritto poterlo fare contando sui propri compagni o su strutture adeguate (e non solo sul volontariato dei nonni). Parli comunque con una che lavora da casa (poco e per pochi soldi, ma questo è un altro problema) e il cui marito ha preso il congedo allattamento per nove lunghi mesi.

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Guglielmo 8 Aprile 2014 - 17:25

Per chiarire meglio, quando io ho preso i permessi di paternità per allattare mia figlia di tre mesi con il latte che mia moglie si toglieva, lei comunque è stata devastata dal dover lasciare una bimba così piccola e il fatto che la lasicava a me, attutiva, ma non risolveva questo suo conflitto. E’ stato un palliativo, mentre la soluzione sarebbe quella che lei non fosse dovuta rientrare per forza o se avesse potuto farlo con orari e tempi consoni a consentirel di proseguire ad allattare la bambina.

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gattolibero 16 Giugno 2014 - 17:36

guarda, questo è un problema tutto italiano, quindi di mentalità. In Svezia hanno il congedo di maternità 6 mesi la madre 6 mesi il padre (ho un’amica che vive là e ho notizie di prima mano), lei non si è sentita devastata a tornare a lavorare, i papà si trovano ai giardini con gli altri papà con bambini piccoli (denominati “papà latte”). L’angoscia di tua moglie è figlia di una certa cultura. Ho una buona notizia: la cultura si può cambiare, iniziamo noi stessi, se proprio non ce la facciamo, andiamo a vedere cosa fanno ad altre latitudini e vedremo che non è un dramma! Ti posso portare anche il caso americano: il massimo di maternità che ti puoi prendere è 2 mesi poi si torna al lavoro, ho visto le mie amiche viverla normalmente, non devastarsi. I bambini non li ho visti traumatizzati, anzi, gran bimbi in gamba.

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Guglielmo 17 Giugno 2014 - 09:31

Non so, non riesco a essere completamente d’accordo: l’allattamento è un’esperienza atavica e così il legame fra madre e bambino nel primo anno. Fino a poche decine di anni fa niente si frapponeva in questo rapporto, mentre negli ultimi tempi i ritmi assurdi e le logiche del mondo del lavoro, spesso neanche tanto razionali, hanno prodotto queste situazioni e io non sono così sicuro che questo sia giusto. Forse è più giusto che la donna possa seguire i ritmi del bambino fino a che sia necessario (più o meno un anno) e che il padre subentri dopo. Io sono stato felicissimo di dedicarmi alla bambina, è stata una delle esperienze più belle della mia vita, ma non avrei voluto che mia moglie fosse costretta a lasciare la bambina.

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Silvana - Una mamma green 17 Giugno 2014 - 10:40

Invece io ne faccio una questione di scelta: le madri e i padri dovrebbero avere maggiore possibilità di scelta, tutto qui. Perché non esiste il modello migliore, ma solo quello che ognuno sceglie per sé.

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amanda 8 Aprile 2014 - 18:09

il mondo del lavoro impone sempre più spesso orari assurdi per lavori sottopagati. Nessuno ti paga di più se lavori (ora) fino alle 20 e il lunedì dell’angelo o la domenica. E’ tutto dovuto. I contratti aziendali che i sindacati stanno firmando non contengono indennità per lavoro serale/festivo, sconvolgono la vita alle persone, impediscono di vivere anche solo una giornata intera la settimana con i propri figli perchè la domenica è dedicata al lavoro, come tutti gli altri giorni. O ogni bambino si fa il giorno di riposo a scuola in base al turno dei genitori, e magari prende a dormire di notte, perchè no, oppure facciamoci tutti un esame di coscenza e smettiamola di prentendere tutto. Se andiamo al centro commerciale la sera qualcuno ci deve lavorare, se andiamo in banca il sabato qualcuno ci deve lavorare, se andiamo al cinema a Pasquetta… qualcuno ci deve lavorare! Ove possibile, pensiamo a quel “qualcuno” che domani potremmo essere noi o i nostri figli e impegnamoci tutti a rinunciare ad un paio d’ore di permesso anche per fare quel che dobbiamo.

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Silvana - Una mamma green 9 Aprile 2014 - 09:30

Personalmente, mi rifiuto di frequentare i centri commerciali la domenica anche per questo. Trovo la tua riflessione molto preziosa.

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Gine di Girati 8 Aprile 2014 - 20:26

Perché non si riesce a far capire c é un altro modo di vivere la vita lavorativa? Con la stessa professionalitá ma con meno angoscia e meno sensi di colpa? Anche io avevo scritto qualcosa sull argomento
http://girati.wordpress.com/2013/11/22/figlio-di-madre-ignota/
Ma più casi is megl che one!!
Un abbraccio

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Gine di Girati 9 Aprile 2014 - 09:33

Ne avevo parlato anch io, anche se per altre tematiche, qualche tempo fa
http://girati.wordpress.com/2013/11/22/figlio-di-madre-ignota/
Ce la faremo??

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Guglielmo 9 Aprile 2014 - 09:45

E’ proprio questo il punto: è il mondo del lavoro che si deve adattare alla vita sociale e soprattutto famigliare e non il contrario. I padri devono stare di più con i figli, e lo stanno facendo molto di più delle generazioni precedenti, ma per il loro bene e per quello dei bambini e della famiglia e non perchè devono risolvere il problema del lavoro delle donne. Semplicemente dobbiamo pretendere che le donne non abbiano problemi, o che siano facilitate al massimo, nel conciliare la vita famigliare, quella personale e il lavoro. Ci sono esempi e sistemi perchè ciò avvenga, anche in aziende che sono al vertice: quì parlo di un esempio che mi è sempre caro: la Patagonia, azienda di abbigliamento per sport all’aperto.
http://dipendenteriluttante.blogspot.it/2013/04/un-mondo-perfetto.html

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Guglielmo 9 Aprile 2014 - 16:39

Sono andato a rileggere il post sulla Patagonia e volevo riportare un passo del brano del titolare dove si enunciano espressamente i principi che credo dovrebbero essere adottati nel mondo del lavoro, sopratutto nei riguardi della vita famigliare dei dipendenti.
“Una cosa assolutamente non volevo che cambiasse, anche se eravamo costretti a fare le cose seriamente: il lavoro doveva essere un divertimento per tutti, tutti i giorni.
Tutti dovevano venire al lavoro a piedi e fare le scale due alla volta, avevamo bisogno di essere circondati da amici e tutti dovevamo poter indossare quello che li pareva e anche stare scalzi; tutti avevano bisogno di orari flessibili per poter andare a fare surf quando c’erano le onde giuste o a sciare quando c’era la neve, o poter stare a casa ad accudire un bambino con l’influenza.
Dovevamo rendere meno netta la divisione tra lavoro, divertimento e famiglia.
Su insistenza di Malinda istituimmo anche un asilo nido in sede: la vicinanza dei bambini che giocavano in cortile e pranzavano coi genitori aiutava a mantenere l’atmosfera generale molto più familiare che corporativa e inoltre sappiamo che i genitori sono più produttivi se non sono preoccupati per i loro figli: pensiamo che le scelte che molte persone che lavorano fanno e che contrappongono la carriera alla famiglia, di fatto non dovrebbero esistere.”
E la cosa eccezionale è che Patagonia è un’azienda che fa utili ed è competitiva, quindi ciò significa che un altro approccio è possibile.

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gattolibero 16 Giugno 2014 - 17:40

Guglielmo, apri un’azienda tu e applica queste politiche. Se l’azienda va bene. pubblicizza questa cosa che hai fatto, adattare la vita aziendale a quella familiare riuscendo a far andare bene l’azienda. Guarda, sono le azioni che spaccano, non le cose che diciamo. Provaci! Davvero, questo sì che sarebbe un esempio bello, e non chiacchere.

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Luca.glt 9 Aprile 2014 - 10:32

.. Io cmq rimango sempre basito del fatto che in questa Italia ferma agli anni 50 si parli ancora di MAMME e MATERNITA’ .. come se ancora non esistessero i PADRI e la PATERNITA’ ..
.. Beh allora finitela di fare figli in provetta !! ..

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cristina 9 Aprile 2014 - 14:31

grazie per questo post, l’ho condiviso sulla mia bacheca di Facebook perchè mi hai fatto commuovere. al momento io la mia piccola strada l’ho trovata. a presto

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Guglielmo 10 Aprile 2014 - 11:51

Segnalo che ho scritto un post, prendendo spunto da questo e raccogliendo i commenti in questa discussione:
http://dipendenteriluttante.blogspot.it/2014/04/essere-madri-in-azienda.html

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mamma spettacolare 10 Aprile 2014 - 12:37

Un giorno mi hanno detto:” decidi, o fai la mamma, o fai stò lavoro”. Quattro anni dopo, ancora lavoro, lo stesso lavoro, ma devo con rammarico ammettere, che avevano ragione.

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L’interruzione di gravidanza in Francia meno umiliante che da noi | Il corpo delle donne 14 Aprile 2014 - 12:53

[…] Perché non una campagna di aiuti per tutte quelle donne che mamme lo sono già o che vorrebbero esserlo ma che sono precarie, disoccupate, vittime di un paese di matrice fortemente maschilista che le utilizza come pilastro del welfare per occuparsi di bambini e persone anziane invece che mettere in piedi servizi adeguati per permettere ANCHE a loro di realizzarsi e contribuire allo sviluppo del paese senza dover scegliere fra maternità e professione? In merito, segnalo a tutti voi e alla Ministra Lorenzin, ma anche ai movimenti delle Sentinelle che magari troveranno altre ragioni magari valide per pregare, questo post: http://unamammagreen.com/2014/03/26/le-madri-che-conosco/ […]

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gattolibero 16 Giugno 2014 - 15:36

Beh questo discorso si potrebbe fare per tutte le donne, madri e non. Sbarcare il lunario è difficile per tutte. Anche chi non ha figli si barcamena con precarietà, posti di lavoro che saltano, dispetti aziendali, delusioni e un mercato del lavoro italiano rigidissimo e molto chiuso. Provato sulla mia pelle. Ci vorrebbe un mercato del lavoro più dinamico, come in altri Paesi, a quel punto le cose diventano un po’ più facili per tutti e magari mollare un lavoro per un periodo di vita (bimbi piccoli, anno sabbatico, desiderio di cambiamento) non diventa un incubo ma una nuova sfida possibile.

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Lavinia 27 Ottobre 2014 - 11:06

Precaria, con cococo. Ho avuto la “fortuna” di cinque mesi di maternità obbligatoria: tante mie amiche, più precarie di me, non ne avrebbero diritto (parlo al condizionale perché ovviamente non hanno figli). Io faccio telelavoro, ma non lo considero una fortuna: è solo il segno che sono precaria e non assunta.
Il mio compagno avrebbe volentierissimo preso del congedo parentale: ma a parte il giorno (1!) obbligatorio introdotto dalla Fornero (grazie per lo sforzo), ogni altro periodo vedrebbe una pesantissima riduzione dello stipendio, e non ce lo possiamo permettere.
Io sogno un paese davvero come la svezia: se non ci fosse differenza – di tempo, di stipendio – nel congedo parentale di una mamma o di un papà, un datore di lavoro non avrebbe più alcun alibi nel preferire di assumere un uomo rispetto a una donna. e i figli vivrebbero meglio.

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Silvana - Una mamma green 27 Ottobre 2014 - 12:14

Ciao Lavinia, hai tutta la mia comprensione. Precaria e “telelavoratrice” in attesa del secondogenito e totalmente priva di certezze sul proprio avvenire lavorativo. Però almeno mio marito ha usufruito del congedo per “allattamento”: due ore di permesso tra il terzo e il dodicesimo mese del bambino, senza alcuna riduzione di stipendio (subentra l’Inps, esattamente come per le madri che ne usufruiscono). Come è possibile che al padre di tuo figlio sia stato negato?

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Lavinia 27 Ottobre 2014 - 12:15

nessuno ce ne ha parlato. lo imparo da te…

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Vivi79 27 Ottobre 2014 - 13:34

Ma forse tu, non essendo una lavoratrice assunta, non avevi usufruito del congedo parentale e per questo l’ha potuto prendere tuo marito. Se si lavora entrambi, purtroppo, non è possibile.

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Silvana - Una mamma green 27 Ottobre 2014 - 13:50

Sì, certo. Sono precaria nel senso che lavoro a partita Iva da anni (pur avendo oneri da dipendente, purtroppo, ma questa è un’altra storia…)

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Flavia 27 Giugno 2016 - 23:23

Io vivo in repubblica dominicana e qui mane e bambini sono quasi sacri.. chi rientra a lavoro anche presto può contare all’aiuto di tutta la tribù, madri, sorelle e vicine che si organizzano per dare supporto e anche il mondo del lavoro è decisamente più elastico quando ha di fronte una madre. .che non vuol dire dare privilegi ma consentire elasticità a madri (e padri) per permettere una buona gestione della famiglia
Da quando siamo qui e soprattutto da quando è nata la mia piccolina ringrazio questo paese perché qui ho il lusso del tempo. .

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Monica 28 Giugno 2016 - 07:16

Vorrei permettermi di dire che avete detto tutti bellissime parole ma lasciatevi dire da mamma di due figlie che non ha avuto diritto di maternità perché titolare di un’azienda con 20 operai che il problema oggi è che l’azienda per rimanere in piedi ha bisogno di dipendenti che lavorino tot ore al giorno e tot giorni la settimana. Le tasse di un’azienda comprese quelle per mantenere un dipendente versando i contributi sono altissime e non ci si può permettere di guardare la vita personale di ogni dipendente. Il vero cambiamento dovrebbe venire dallo stato, un vero aiuto per le aziende in modo da dare più benessere ai propri dipendenti. Invece veniamo spremuti fino all’ultimo e in tasca ci rimane ben poco. Parlo sempre di aziende sane che non fanno lavori in nero e che si comportano in maniera corretta versando le tasse ogni santo mese. Mi dispiace ogni volta sentire che i dipendenti vengono maltrattati e soprattutto donne, perché ci sono anche tantissimi dipendenti che invece si approfittano delle aziende. Dovrebbe cambiare il nostro stato, dovrebbe dare aiuti alle aziende per far sì che l’azienda stessa possa concedere più ore a donne con figli piccoli, ci sarebbe il lavoro per molti più giovani. Bisognerebbe andare in pensione prima e lasciare posto ai giovani…. Non puntiamo il dito sempre e solo sui datori di lavoro. Ma guardiamo la situazione da più punti di vista.

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