Fare il genitore è un lavoro sporco

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Fare il genitore è uno sporco lavoro. In tutti i sensi. È uno sporco lavoro, pannolini lavabili o monouso a parte. Perché a volte ti costringe al compromesso tra quello che vorresti e quello che senti essere più giusto. Perché ti fa stancare e preoccupare. Perché ti toglie il sonno in tanti modi diversi. È uno sporco lavoro perché, a volte, ti obbliga a mentire. Per proteggere tuo figlio dalla tua tristezza, o dalla tua rabbia, o da un rimpianto che non vuole andare via. Perché a volte ti impone delle rinunce, delle scelte difficili, dei compiti ingrati. Degli strappi con te, con tuo figlio stesso o con il resto del mondo.

Ma fare la madre – e il padre – è uno sporco lavoro anche in senso letterale. Ti schizza di sangue quando tutto comincia, e di latte qualche mese dopo, che sia il tuo o meno non ha davvero importanza. Ti bagna di lacrime, quando sei esausto e spaventato o felice in un modo che prima non sapevi neanche immaginare. Ti imbratta di cibo preparato con amore, e scagliato dappertutto per gioco o per un rifiuto che fa male appena un po’. Ti fa starnutire, e tossire. Ti fa ammalare insieme a tuo figlio. Come non ti capitava da decenni. Senza impedirti di restare in piedi, perché un genitore resta tale anche quando non è in forma.

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Perché ti regala la possibilità meravigliosa di sporcarti le mani di terra, di colori e di cioccolato. Senza vergogna e senza ritegno. Di impastare nella farina insieme alle manine dei tuoi figli, di costruire castelli di sabbia e scavare tunnel nel fango. Di insozzarti di vita e d’amore. Di natura, di libertà, di passione. Fare i genitori è un lavoro sporco e bellissimo, certe volte. Un lavoro che sa di istinto e di verità.

Fare il genitore è uno sporco lavoro quando tuo figlio sta male e vomita in piena notte nelle lenzuola pulite. E tu arrivi a fare cose che non avresti creduto possibili, che, nella vita “di prima”, ti facevano tremare di ribrezzo al solo pensiero. È un lavoro sporco perché per anni devi cambiare pannolini puzzolenti. È un lavoro sporco perché quei pannolini inquinano il mondo e pesano sul mondo in cui tuo figlio vivrà e crescerà. È un lavoro che può diventare più pulito – anche se sembra un paradosso – se almeno ogni tanto i pannolini li lavi e li rilavi, invece di buttarli via. Perché ti sporcherai le mani molto meno di quanto sembri a chi non ci ha mai provato, ma avrai risparmiato alla Terra un sacco di schifezze evitabili, e non solo in discarica. Perché la pelle di tuo figlio respirerà linda e sana – pulita per davvero, che poi è quello che conta, perché la parte peggiore finirà via con lo sciacquone, invece che appestare l’aria della tua casa in attesa di gettare via l’immondizia. È un lavoro che, se usi i pannolini lavabili, ti insegnerà a riconoscere “a naso” eventuali piccoli malanni, o a prevedere la comparsa di un nuovo dentino. È un lavoro sporco che per fortuna sarà comunque la lavatrice a sobbarcarsi. E grazie alla tecnologia tessile più moderna, non sarà, in fondo, davvero così “sporco”, a pensarci bene.

Fare il genitore è uno sporco lavoro, ma in qualche modo ti fa sentire più pulito. Perché l’amore che ti restituisce profuma come un balsamo, e ti fa brillare gli occhi di una luce nuova.

Post in collaborazione con Culla di Teby, i pannolini lavabili progettati e realizzati completamente in Italia, facili da usare e da pulire, ecologici ed economici. Perfetti anche per la piscina e, nelle situazioni in cui non si dispone di una lavatrice, utilizzabili in modalità ibrida con gli appositi inserti usa e getta.

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