Chi se ne frega

Ieri ho recuperato il mio accappatoio bianco dalla corda a cui era appeso, in balcone. Se ne stava lì da un paio di giorni, tutto solo, con le maniche tese nel sole. Più che un impiccato, sembrava un crocifisso di cotone a nido d’ape. Poco prima avevo riesumato dal fondo del frigorifero uno yogurt dimenticato da tempo. Era scaduto il 21 marzo. L’ho buttato via nell’indifferenziato, senza trovare la forza di volontà necessaria per svuotarlo e riciclare il vasetto.

Sto scrivendo questo post in ritardo, avrei dovuto pubblicarlo molti minuti fa e adesso andrà a finire che nessuno lo leggerà. Intanto, la borsa della palestra, tiepida e piena dei miei umori maleodoranti, giace ancora chiusa a pochi passi dalla porta d’ingresso di casa mia. Abbandonata da ore.

Ci sono telefonate che aspettano da giorni in punta di telefono. Conversazioni di cui prendo nota nella mia testa sempre affollata di voci e di scadenze. Disordine intorno a me, decisioni da prendere e questioni ormai irrancidite che andavano affrontate e risolte molto tempo fa.

Eppure il tempo non mi manca. Ho un lavoro part time, autonomo, una casa piccolissima e due figli felicemente a scuola fino alle quattro del pomeriggio.

A volte penso di aver esaurito la forza di volontà. Di avere attinto troppo a riserve che avevo ingenuamente stimato inesauribili.

È come se non avessi più voglia di dare sempre il massimo. Di essere efficiente e operativa. Di essere puntuale, che pure è una cosa di cui mi vanto da trentasei anni. Non mi va più di risolvere casini, di prevenirli, di immaginarli. Di preoccuparmi del benessere di altri che non siano i miei figli e la loro madre.

Vorrei attardarmi, delegare, dimenticare. Concedermi il lusso di distrarmi o, ancora meglio, di fregarmene deliberatamente. Smettere di sentirmi in colpa, o almeno farlo, finalmente, per qualche ragiona fondata. Smettere di pretendere da me la cosa giusta, e concentrarmi per una volta su quello che voglio. Su quello di cui ho bisogno. Pretenderlo, se possibile. Dalla vita e dagli altri.

Vorrei poter giocare con Davide e Flavia per tutto il pomeriggio, tutti i pomeriggi. Senza occuparmi del resto. Senza neanche pensarci, al resto. E senza per questo sentirmi colpevole, o addirittura vergognarmi. Stare con loro davvero. Godermi la loro compagnia, il loro amore così poco oggettivo e così lusinghiero. Sentirmi amata seppure imperfetta.

Vorrei stare con loro e basta, almeno per un po’. Il resto, in qualche modo, andrà avanti anche senza di me.

Quasi quasi lo faccio, e chi se ne frega.

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4 Commenti

Cate 8 Giugno 2017 - 14:51

Mi sento come te, cervello in overbooking e voglia di stare col mio cucciolo..devo resistere ancora un mese e poi potrò fregarmene per davvero, almeno per un pochino, e non solo fare finta

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stefania 8 Giugno 2017 - 15:31

sei una grandissima!! riesci sempre a captare stati d animo e sensazioni comuni a tutte le mamme del mondo che, messe nero su bianco, diventano finalmente reali e non rimangono bloccate nello stomaco a trincerare..sembra poco? non lo e’.
grazie
stefania di donato

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Priscilla 8 Giugno 2017 - 15:39

Io intanto ti ho letto e…siamo tutte sulla stessa barca! A volte arrivo a sera che vorrei solo stendermi sul pavimento e basta, non ho neanche la forza di mettermi seduta. Meno male che i bambini pensano che stia giocando e quindi mi torturano in allegria! Bisogna alleggerire la mente….

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L'angolo di me stessa 8 Giugno 2017 - 21:39

Pensa io sono talmente fuori che vorrei solo dormire e svegliarmi lontano lontano da tutto e tutti, pure dai miei figli!

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